Calabria judaica ~ Sud ebraico Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione
Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé. La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu. Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta. Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne). Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; attraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.
Inizia
a Napoli, a cura del Centro di studi ebraici dell’Università degli studi
di Napoli “L’Orientale”, in collaborazione con la Comunità ebraica di Napoli e
l’Instituto Cervantes di Napoli, il ciclo di conferenze MONDI SEFARDITI Mondes Sépharades / Mundos
Sefardíes / Sephardic Worlds.
Le conferenze
si svolgeranno presso la Sala conferenze di Palazzo Corigliano, salvo la
prima (presso la Sala conferenze della Comunità ebraica), e l’ultima,
presso l’Instituto Cervantes di Napoli.
Mercoledì
3 aprile alle 16,30, dopo i saluti di Lydia Schapirer, Presidente della
Comunità, e l’introduzione di Luciano Tagliacozzo, terrà una lezione
magistrale Shmuel Trigano, Emeritus, Université de
Paris-Nanterre: Le Monde sépharade: La face
méconnue du peuple juif.
Lunedì 8
aprile, José Martínez Delgado,Universidad de Granada, relazionerà
su The Andalusi Origins of
the Sephardi Jews (8th-12th Centuries).
Lunedì 15
aprile, due conferenze: Giancarlo Lacerenza,Università L’Orientale,
su 1492: La diaspora
sefardita nel Regno di Napoli, ed Encarnación Sánchez-García, Università
L’Orientale, su “El
Macabeo” di Miguel De Silveira: Cultura marrana nella Napoli del Seicento.
Lunedì 6
maggio 2019, ore 15, altre due conferenze: Myriam Silvera, Università
di Roma Tor Vergata, su La
Disputa di Tortosa: Due mondi a confronto; la seconda è di Davide Aliberti,
Università L’Orientale: Tornando a Sefarad: La legge del 2015 per la naturalizzazione
spagnola dei Sefarditi.
Giovedì 16
maggio, alle 16, Proiezione del film
documentario di Ruth Behar “Adio kerida”, presentazione di Davide Aliberti.
Indirizzi
delle sedi delle conferenze:
Sala conferenze
di Palazzo Corigliano, Piazza S. Domenico Maggiore 12, II piano (8 e 15
aprile, 6 maggio);
Comunità ebraica
di Napoli, Vico S. Maria a Cappella Vecchia 31 (3 aprile);
Instituto
Cervantes di Napoli, via Nazario Sauro 23 (16 maggio).
Questa è sicuramente l’iniziativa più interessante del mese, ma non è l’unica che vede coinvolta la Comunità di Napoli.
Domenica 7 aprile, presso la sede della Comunità stessa, per tutta la giornata i concerti per pianoforte della manifestazione Piano City.
I concerti si svolgeranno al mattino alle 11 e alle 12, nel pomeriggio alle 17 e alle 18, e infine alle 1,30. Non occorre prenotazione.
Infine, mercoledì 10 aprile alle 17, sempre presso la sede della Comunità, si svolgerà la presentazione del volume "Le scienziate e la divulgazione scientifica. Dal secondo Ottocento agli anni Quaranta del Novecento", a cura di Gabriella Liberati (CNR), ne discute con l'autrice Miriam Rebhun.
Tra le donne citate nel volume, naturalmente, vi sono alcune importanti scienziate della nostra Comunità.
Come abbiamo
visto nel precedente post LINK accanto alla festa di Purim celebrata da tutti
gli ebrei, esistono innumerevoli Purim locali, particolare ed anche famigliari.
Diamo un’occhiata
a qualcuno di questi Purim che ci riguardano più da vicino: Oria, Siracusa e Roma.
La storia si svolge nel Salento, all’epoca denominato Calabria.
Oria (BR): la Porta degli EbreiImmagine da Wikipedia
Nella città di Oria in Calabria - regione nota agli ebrei per i
suoi etroghìm (Cedri) - viveva circa un millennio fa una cospicua famiglia
ebraica, che diede per molti anni rabbini e capi alla locale
Forse non ci sarebbe giunta alcuna notizia di questa famiglia e di
questa comunità, se per fortuna un suo discendente non si fosse preso la briga
di narrarne la storia in un libro. L'autore si chiama Ahimaàz ben Paltièl e
scrisse le sue cronache nel 4814 (1054). Queste raccontano la storia degli eminenti
antenati dell'autore per otto generazioni, a cominciare da Rabbì Shefatià: tra
gli altri, di Rabbl Hananèl, suo fratello, di Rabbì Amittai (figlio di
Shefatià), di Rabbì Paltièl (nipote di Shefatià) e di Rabbì Shemuèl (figlio di
Paltièl).
L'autore era un pronipote del menzionato Rabbì Hananèl, che è
l’eroe dell'interessante episodio qui riportato.
Rabbì Hananèl era un grande maestro della Torà, molto rispettato
non solo dalla comunità ebraica, di cui egli era il capo, ma anche dai non
ebrei. Lo stesso Governatore della provincia trattava Rabbì Hananèl con molto
riguardo c lo stimava molto. Egli faceva spesso visita al Rabbino o lo invitava
nella propria residenza per discutere con lui questioni di religione. Il
Governatore nutriva la segreta speranza che un giorno o l'altro egli avrebbe
potuto in qualche modo persuadere o obbligare Rabbì Hananèl a riconoscere la
superiorità della religione cristiana. Ma in tutte le discussioni il
Governatore aveva di solito la peggio e le sue speranze venivano ogni volta
deluse. Ma non per questo egli vi voleva rinunciare. Rabbì Hananèl, d'altro
canto, faceva di tutto per evitare questi incontri e queste discussioni, che
gli portavano via del tempo prezioso; ma non poteva troncarli, perché il
Governatore era un personaggio molto potente, da cui dipendevano le sorti della
comunità ebraica.
Avvenne così che durante una di queste discussioni il Governatore
affrontò l'argomento del calendario ebraico. Egli chiese al Rabbino se era in
grado di calcolare e di dirgli quando sarebbe caduto il prossimo molàd il
momento in cui la nuova luna appariva nel cielo. Il Governatore si era già
preso la pena di calcolarlo per conto proprio, poiché egli era un provetto
matematico ed astronomo.
Mancavano ancora parecchi giorni per il molàd ed il Rabbino non
aveva ancora avuto il tempo di determinarlo (non c'erano naturalmente calendari
stampati, a quell'epoca) Rabbì Hananèl fece un rapido calcolo e, senza poterne
controllare il risultato, disse l'ora ed il minuto del prossimo molàd .
Il Governatore fu ben felice di vedere che questa volta Rabbì
Hananèl era incorso in una svista e che il suo calcolo era errato. Era
l'occasione che il Governatore aveva sempre attesa.
Mio caro Rabbino, egli disse, finalmente vi ho colto una volta in
errore ed ora vi sfido ad una scommessa. Se sarà dimostrato che io ho ragione,
dovrete riconoscere pubblicamente che la mia religione è la vera e che essa è
superiore alla vostra. D'altro canto, se risulterà che voi avete ragione vi
farò dono di un bel cavallo del valore di trecento monete d'oro, oppure, se lo
preferite, riceverete in sua vece il danaro in contanti .
Rabbì Hananèl fu assai contrariato, ma il Governatore lo mise alle
strette ed egli non poteva opporsi a colui che reggeva la provincia senza
provocare le sue ire. Il Governatore ordinò immediatamente che i termini della
scommessa fossero registrati ufficialmente in tribunale davanti al giudice ed
ai magistrati.
Rabbì Hananèl torno a casa profondamente preoccupato, si ritirò
subito nella sua stanza e senza lasciar trascorrere un minuto cominciò a
rivedere i suoi calcoli; e con sua grande costernazione si accorse che aveva
proprio commesso un errore e che il calcolo del Governatore era invece il
giusto.
Egli chiamò i capi della comunità ad una riunione solenne, e
raccontò loro della terribile minaccia che si addensava sopra il suo capo e
sopra la comunità tutta. Chi poteva sapere a quali estremi sarebbe giunto il
Governatore nello sfruttare la sua “vittoria”? Rabbì Hananèl chiese ai capi
della comunità di unirsi a lui nel proclamare un pubblico digiuno per pregare
tutti assieme Idd-o e chiederGli misericordia in quell'ora di pericolo.
Naturalmente, l'intera comunità aderì con tutto il cuore. In verità, solo un
miracolo poteva salvare gli ebrei da quella situazione disperata ed essi
digiunarono e pregarono come mai in vita loro.
Venne la notte, nella quale la luna nuova doveva comparire.
Giubilante il Governatore salì sul tetto del suo castello per vedere la luna
nuova salire in cielo. Egli aveva dislocato anche degli osservatori in diverse
parti della città per avere dei testimoni che aveva vinto la scommessa col
Rabbino.
Anche Rabbì Hananèl salì sul tetto della sua casa e col cuore
infranto c le lacrime agli occhi si rivolse piangendo all Onnipotente pcr chiederGli
un miracolo.
Era una notte serena. Non c’era un alito di vento ed il cielo era
tempestato di stelle. Si avvicinava il momento in cui la luna nuova doveva
spuntare e Rabbi Hananèl, gli occhi fissi al ciclo e l’animo tutto concentrato
nella preghiera confidava nel Signore. Tutti gli ebrei della città pregavano
altrettanto ardemente che si verificassc un miracolo al l'ultimo momento.
D'improvviso cominciarono a raccogliersi nel cielo nere nubi che
nascevano dal nulla. In un momento tutto il ciclo fu completamente coperto da
un'impenetrabile nuvola oscura.
D-o aveva esaudito la preghiera di Rabbi Hananèl e di tutta la
comunità ebraica. La notte seguente la sottile e delicata falce della luna
nuova apparve in un cielo sereno e senza nubi!
Il giorno dopo Rabbl Hananèl andò secondo gli accordi presi, a fare
visita al Governatore ed a sentire ciò che aveva da dirgli. Egli trovò presso
di lui una adunanza imponente, perché tutte le più importanti personalità del
paese erano state invitate a sentire il verdetto e ad assistere al trionfo del
Governatore.
Ora, tutti erano impazienti di ascoltare ciò che il Governatore
avrebbe detto. Questi si rivolse al Rabbino con le seguenti parole:
“Stimato Rabbino Hananèl! Sapete meglio di me che questa volta
avevo ragione io e che avrei dovuto vincere la scommessa fatta tra di noi. Ma
il vostro D-o deve avervi aiutati. Non era mai successo finora, e probabilmente
non succederà mai più, che in questa stagione ci fosse da queste parti la più
piccola nuvola in cielo. Tuttavia nel momento in cui la luna doveva comparire,
il vostro D-o ha coperto il cielo di nubi e mi manca perciò la prova di aver
vinto realmente la nostra scommessa. Secondo i termini del nostro accordo che è
stato debitamente registrato dai nostri degni magistrati, non posso fare altro
che versarvi quanto pattuito. Ecco qui il danaro. Sono convinto che farete un
buon uso di queste trecento monete d'oro".
Rabbì Hananèl diede un sospiro di sollievo. Si affrettò a portare
la buona notizia agli altri ebrei, che si rallegrarono al pari di lui. Subito
dopo, Rabbi Hananèl consegnò il denaro ai capi della Comunità perché fosse
distribuito ai poveri ed ai bisognosi. Dopo tutto si trattava di danaro che il
Governatore aveva preso agli ebrei, gravandoli di forti tasse, cui facevano
fronte con le più grandi difficoltà.
Rabbì Hananèl ed i capi della comunità indissero una giomata di
preghiere di ringraziamento all Onnipotentc. Tutti gli ebrei si raccolsero nel
Bet ha-Midrash per ringraziare il Signorc di aver tramutato la loro tristezza
in gioia e la loro ora più oscura in luminosa allegrezza.
Come sono strane le vie del Signore!
Egli aveva rischiarato il loro animo, radunando oscure nubi nel
cielo! Fu come un altro Purim per gli ebrei di Oria, che furono salvati dal
loro Amàn particolare proprio come nei giorni di Mordechai ed Estèr, quando
l'Onnipotente salvò gli ebrei di Persia da Amàn e fece fallire i suoi piani. Ed
invero, per molti anni i riconoscenti ebrei di Oria ricordarono questo giorno
di salvezza miracolosa come il Purim di Oria .
[…] La celebrazione prevede la lettura pubblica di una meghillà,
ovvero un rotolo di pergamena scritta in cui viene narrato l’evento che si
vuole ricordare. Inoltre possono esservi preghiere particolari e veri e propri
poemi commemorativi come Kina Glossa, quello che vi proponiamo in dialetto di
Giànnina e che racconta l’avvenimento di Siracusa seguendo la diegesi narrativa
della Meghillat Saragusanos.
Il Purim di Siracusa, nato in Sicilia nel XIV, ebbe diffusione,
dopo l’editto di espulsione del 1492, fra gli Ebrei Siciliani fuggiti
dall’isola che trovarono rifugio in oriente e in particolare a Salonicco e
Giànnina, nei territori dell’impero Ottomano. Qui gli Ebrei si organizzarono in
comunità chiamate, in giudeo-spagnolo, Kal dall’ebraico Quahal. A Salonicco
esistevano ben tre comunità provenienti dalla Sicilia: Sicilia Vecchia, Sicilia
Nuova e Bet-Aharon. Dagli appartenenti a quest’ultima comunità, in particolare
con la famiglia Saragusi, si mantenne la tradizione di festeggiare il nostro
Purim, anche quando il rito Siciliano andava perdendosi, soppiantato da quello
sefardita.
Si hanno testimonianze della celebrazione della festa fino
all’inizio del XX secolo. La sera si leggeva la Meghillat Saragusanos e la
giornata successiva si trascorreva in festeggiamenti. Dopo l’olocausto e la
dispersione delle famiglie Saragusi scomparve inesorabilmente la memoria della
festa del Purim di Siracusa, pur trovandosi alcune tracce, quale Purim di
Saragozza in Francia e in Israele. Per molto tempo infatti gli studiosi hanno
ritenuto che questo speciale Purim si riferisse alla città di Saragozza,
equivocando sul nome del Re Saragosanos e sulla lingua, il giudeo spagnolo
ovvero il ladino, portato dagli ebrei fuggiti dalla Spagna e che
progressivamente si impose come lingua dominante.
Si deve per primo allo studioso David Simonsen, nel 1910, la
legittima e documentata restituzione agli Ebrei siciliani e a Siracusa di
questo Purim. La tesi fu poi condivisa da altri studiosi fra i quali ricordiamo
Yosef Mejuhas, Cecil Roth fino al Dott. Dario Burgaretta. Oggi il mondo
accademico riconosce, senza ombra di dubbio alcuna, l’appartenenza di questo
Purim alla storia della nostra città.
Ecco in sintesi l’evento, così come viene narrato dalla nostra
meghillat: Ai tempi del re Saragusanos era usanza che, quando questi visitava
il quartiere ebraico della città, abitato da più di 5000 uomini adulti, le
guide e i capi spirituali della comunità, i maggiorenti, si recassero in
processione verso il re, portando, in segno di sottomissione e rispetto, i
rotoli della Torah. Tale abitudine fu seguita per i primi 12 anni del regno del
re Saragusanos, ma nel 13° anno gli Ebrei decisero, per rispetto nei riguardi
della Torah, di presentare al re solo le custodie vuote dei rotoli. Avvenne
però che un Ebreo converso, Haim Sami, col nuovo nome di battesimo Marcos,
denunciò il fatto al re, con la speranza di poter entrare nelle sue grazie. Il
re decise di assicurarsi personalmente di quanto il delatore gli aveva
raccontato passando all’improvviso nel quartiere ebraico l’indomani, il 17 del
mese di Shevat, con l’intenzione di uccidere, nel caso di una conferma delle
accuse, tutti gli Ebrei della città. Ma nella notte il profeta Elia apparve al
custode della Sinagoga avvertendolo della minaccia incombente. Così i rotoli
della Torah furono riposti nelle custodie, e quando l’indomani il re chiese di
vederli, questi gli furono mostrati.
Il delatore, risultata falsa e menzognera l’accusa di lesa maestà,
fu punito dal re con la pena capitale, mentre gli Ebrei beneficiarono del
favore e della benevolenza del re.
Meghillat
Saragusanus
(non so se sia questa la versione del canto citata nel testo)
Al tempo del re Saragusanos, re forte e
potente, si trovavano sotto il suo dominio circa cinquecento Israeliti, tutti
dotti e saggi capi d’Israele, senza contare i giovani e i ragazzi, le donne, i
figli e i bambini, e formavano dodici comunità con altrettante Sinagoghe
costruite con pietra intagliata e colonne di marmo, di perfetta bellezza,
ricoperto di crisolito. Era usanza e regola presso quei Giudei che, al
passaggio del re attraverso la piazza dei Giudei, portassero fuori tre rotoli
della Torah per ogni comunità-Sinagoga, trentasei rotoli avvolti in panni
ricamati e in teche d’argento e d’oro, con Melograni e Pomi d’argento e oro e
ornamenti d’argento in cima ai rotoli e benedicessero il re a gran voce, mentre
tutto il popolo rispondeva dopo di loro Amen.
Un giorno si radunarono i dodici rabbini degli
Israeliti e i loro 24 dayyanim dissero: “Noi non facciamo cosa buona uscendo
con la legge del nostro D-o, il D-o vivente e Re eterno, al cospetto di un
pagano idolatra”.
Si consultarono e stabilirono concordi di
predisporre tre teche vuote per ogni comunità-Sinagoga, avvolte nei loro Manti
e con i loro Melograni e di uscire con esse al cospetto del re. L’usanza era
infatti che il rabbino della comunità reggesse la Torah assieme ai suoi
dayyanim.
Nessuno dunque era a conoscenza di questa
decisione, eccetto i rabbini e i dayyanim e così fecero fino al XII anno del
regno del re Saragusanos.
In quei giorni accadde che un uomo di nome Haim
Sami - che il suo nome sia cancellato - persona di litigi e di discordie,
persona malvagia e iniqua, si convertì al cristianesimo. Quest’uomo era ben
voluto al palazzo reale poiché in passato, in quanto israelita, aveva servito
alla porta del re. Allora il re Saragusanos rese potente Haim Sami - sia
cancellato il suo nome - cui aveva posto il nome di Marcos e pose il suo seggio
fra quelli dei ministri che erano con lui nel palazzo reale. Un giorno il re
Saragusanos uscì con i suoi familiari e tutto il suo seguito, assieme ai
ministri e ai governatori, per compiere, come si sua abitudine, dei giri a suo
piacimento, e passò dentro la città. Per caso si trovò a passare anche per la
piazza dei Giudei. Allora i Giudei corsero a riferire ai capi delle comunità e
ai loro rabbini. “Ecco il re sta passando per la piazza dei Giudei”. Allora i
rabbini delle comunità-Sinagoghe e i loro dayyanim si levarono, con tutta la
gente che era con loro e uscirono, come d’abitudine, con le teche coperte con
panni ricamati, salutando il re ad alta voce, mentre tutti rispondevano “amen”
e il re proseguì il suo cammino. Giunta la sera, mentre il re sedeva sul suo
trono regale, con vesti reali di porpora viola e rossa e di lino bianco, e una
grande corona d’oro, adornata con pietre preziose in testa, i suoi ministri e
consiglieri e sapienti dissero: “Quale gloria oggi per il re Saragusanos, più
di ogni altro sulla terra, agli occhi degli Ebrei, mentre essi uscivano al
cospetto del re, i capi dei loro giudici e tutti gli Israeliti con i rotoli
della Torah per prostrarsi al re e omaggiarlo”.
Ma il perfido Marcos, rispondendo al re e ai
suoi ministri disse: “Guai a questi miserabili Giudei per questa azione! Sia
noto infatti al re che le teche sono vuote e dentro non vi è nulla; essi
infatti agiscono con l’inganno.
Non appena il re ebbe udito ciò, i suoi ministri,
i suoi saggi e i suoi consiglieri si adirarono molto, e anche il re si infuriò
e la sua collera ardeva dentro di lui. Allora egli interrogò i saggi esperti di
legge e i giureconsulti, poiché questa era l’usanza del re e disse: “Quale
sentenza infliggere a questi peccatori che hanno tramato grandemente e
impudicamente una congiura per ingannare il re?”. Risposero i suoi saggi: “Una
sentenza di morte meritano questi uomini”.
Se al re piace sia scritto e sia sigillato con
l’anello del re: al mattino usciremo e passeremo all’improvviso dalla piazza
dei Giudei e, appena usciranno incontro al re con i rotoli della Legge apriremo
le casse e vedremo se le parole di Marcos sono veritiere; in questo caso
l’esercito del re si solleverà contro di loro, tutti con la spada in pugno,
addestrati alla guerra, ognuno con la spada al suo fianco e li uccideranno
tutti insieme all’interno della loro comunità; daremo alle fiamme la loro
Sinagoga e prenderemo per noi come schiave e serve i loro bambini e le loro
donne, mentre tutto il bottino sarà versato nel tesoro del re. La cosa piacque
agli occhi del re e dei ministri; fu scritto dunque il decreto e fu sigillato
con l’anello del re.
Quella notte fu agitato il sonno di Efraym
Baruk, lo shammash della Sinagoga che si trovava nella città di Siracusa.
Questi era un uomo anziano e rispettato, integro e retto, timorato di D-o e
lontano dal male, che adorava D-o con cuore integro, con gioia e con timore. Ed
ecco che un uomo venerando, con lunghi capelli e una cintura di cuoio ai fianchi,
un uomo preposto a tutte le buone novelle, il cui aspetto è simile all’aspetto
di un uomo di D-o, assai terribile, il cui nome Elyahu, il profeta Elyahu sia
ricordato in bene, lo svegliò dal sonno e gli disse: “Perché dormi? Alzati
subito, affrettati e non fermarti! Va al Tempio e riempi le teche vuote con i
rotoli della Torah, poi torna e rimettiti a letto in pace, ma trattieniti e
guardati dal dire ad alcuno di questa visione, poiché, se invece lo dirai,
certamente morirai e il tuo sangue ricadrà sul tuo capo!”.
Allora Efraym si alzò e, preso da un gran
terrore fece così come gli aveva ordinato il messaggero, poi tornò e si rimise
a letto e il suo sonno fu tranquillo. Nel frattempo la stessa apparizione e la
stessa visione che aveva avuto Efraym le avevano avute anche tutti gli
shammashim delle dodici comunità, la stessa notte, allo stesso momento, ma non
lo dissero a nessuno, secondo quanto era stato loro ordinato dal messaggero e
ognuno pensava che soltanto lui avesse avuto quella apparizione e quella
visione e la cose li riempiva di meraviglia.
La mattina del diciassettesimo giorno
dell’undicesimo mese, il mese di Shevat, il tredicesimo anno del re Saragusanos
cioè l’anno 1352 dalla distruzione del secondo Tempio, cioè l’anno 5180 dalla
creazione, si levò il re Saragusanos, assieme a tutti i suoi ministri e
comandanti, ai suoi consiglieri e ai suoi saggi e passò inaspettatamente
attraverso la piazza dei Giudei, mentre il malvagio Marcos procedeva alla sua
destra e l’esercito del re li seguiva, tutti armati, con ogni tipo di arma da
guerra, circa trecento uomini dei cristiani, tutti con la spada in pugno, per
fare ai Giudei tutto ciò che volevano. Mentre essi passavano nella piazza dei
Giudei, questi si affrettavano a riferirlo ai rabbini, ai Giudei, e ai
dayyanim, e in fretta presero le teche per andare a omaggiare il re, come
d’abitudine, e il re disse loro: “Voglio vedere la Legge di Mosè, uomo di D-o,
con la quale mi benedite il Suo nome!”.
Appena i rabbini i dayyanim e tutto il popolo
udirono le parole del re, il cuore mancò loro e si sciolse come acqua dalla
paura, essi iniziarono a tremare interrogandosi l’un l’altro: “Che cosa ci ha
fatto D-o?”; ma essi non sapevano che cosa aveva fatto in realtà il D-o dei
loro Padri. Allora i ministri del re si affrettarono a prendere una teca, la
aprirono e trovarono scritto in campo alla pagina:
Ma anche allora, quando saranno in terra
nemica, io non li rigetterò, né li disprezzerò fino al punto di annientarli e
di rompere la mia alleanza con loro, perché Io sono il Signore, il loro D-o.
Lo lessero al cospetto del re, poi presero
un’altra teca e la aprirono: anche questa era piena con la Legge di D-o e così
anche una terza teca e così tutte.
Quando il re e i suoi ministri videro tutte le
teche piene con la Legge di D-o, il re li benedisse e rimise loro il testatico
per tre anni e li dispensò dal tributo. Allora anche essi se ne andarono in
pace e il re ordinò che impiccassero Marcos il malvagio sul palo con il quale
egli aveva tramato di fare del male ai Giudei; il suo cadavere fu gettato
nell’immondizia finché i cani mangiarono la sua carne, le sue ossa furono date
alle fiamme e l’ira del re si placò. Così periscano tutti i nostri nemici, o
Signore.
Per questo i Giudei che si trovavano nella
città di Siracusa presero la decisione e l’impegno, per sé e per i loro
discendenti, di festeggiare il giorno 17 del mese di Scevat, ogni anno essi i
loro figli e i figli dei loro figli, per sempre, come giorno di gioia e di
letizia, un giorno di festa scambiandosi cibi a vicenda e facendo elargizioni
ai poveri, e per i Giudei fu grande luce, letizia, esultanza e onore, poiché il
malvagio Marcos aveva pensato di sterminare i Giudei, ma la sua malvagia
macchinazione era ricaduta sul suo capo ed egli era stato impiccato sul palo e
il suo cadavere era stato dato in pasto agli animali della terra.
Così periscano tutti i nostri nemici o Signore.
Poiché colui che ha pietà di loro li ha guidati
e compirà con noi la scrittura, poiché è scritto:
Anche se i tuoi esiliati si trovassero sotto
l’estremo lembo del cielo, di là il Signore, tuo D-o, ti radunerà e di là ti
prenderà; ed è detto: Il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalla
mano di chi era più forte di lui e allora la vergine si rallegrerà con la
danza, si allieteranno insieme il giovane e il vecchio. Muterò il loro lutto in
letizia, li consolerò e li farò gioire dopo il loro dolore. E’ detto inoltre:
Poiché ogni arma preparata contro di te rimarrà senza effetto e condannerai
ogni lingua che si alzerà contro di te in giudizio. Questa è la sorte dei
servizi del Signore, quanto spetta a loro da parte mia. Oracolo del Signore. E
i riscattati del Signore ritorneranno e verranno in Sion con esultanza;
felicità perenne sarà sul loro capo; giubilo e felicità li seguiranno; svaniranno
afflizione e sospiri.
Maledetto
Marcos, Benedetto Efraym
Maledetti
tutti i malvagi, Benedetto tutto Israele
Infine, l’unico di questi tre Purim che viene ancora
ricordato e, in qualche misura, celebrato, il cosiddetto Mo’ed di piombo degli ebrei romani.
1793 cronaca di un miracolo e di uno scampato pericolo per gli ebrei romaniGiacomo Kahnda Shalom.it
Oggi ricorre
per la Comunità ebraica di Roma l’anniversario di un piccolo ma straordinario
miracolo: un improvviso e forte acquazzone che consentì di spegnere un incendio
appiccato dal popolino romano che intendeva mettere a fuoco il ghetto di Roma.
Un gesto violento e temerario con il quale la plebe voleva respingere i venti
di libertà e lo spirito egualitario che arrivavano da oltralpe.
I fatti sono
noti e sono stati raccontati in un saggio pubblicato alcuni anni fa da
Giancarlo Spizzichino che sulla scorta di nuovi documenti rintracciati
nell’archivio della comunità ebraica romana fornisce una visione a tutto tondo
di cosa avvenne.
Il 13
gennaio 1793 Nicolas Hugo de Basville, diplomatico francese di transito a Roma,
vestito con la coccarda tricolore simbolo della rivoluzione, viene assassinato
dalla plebaglia a Palazzo Palombara in centro. E’ diffusa l’idea che anche in
ghetto vengono conservate coccarde tricolori e che sia un covo di
rivoluzionari.
14 gennaio.
Un gruppo di trasteverini, monticiani e regolani, si dirigono verso il ghetto
con le fascine per appiccarvi il fuoco, ma vengono convinti a desistere da due
frati. Lo stesso giorno a mezzanotte i manifestanti ci riprovano e rapiscono
Salomone di Segni con la minaccia “o muori o fatti cristiano” (permarrà 40
giorni presso la casa de’ Catecumeni dove le pressioni non fecero effetto).
Terzo tentativo di dare fuoco alle porte del ghetto, respinto dalle guardie
papaline. Alle 23 della notte una pioggia battente fa desistere i facinorosi.
Il ghetto rimane chiuso e sorvegliato per otto giorni, senza la possibilità per
i capifamiglia di recarsi fuori a svolgere quei piccoli lavori da cui traevano
il sostentamento, aggravando la povertà di tutti quei nuclei - la stragrande
maggioranza - che ricevevano il sussidio dalla comunità.
La
drammatica situazione economica degli ebrei romani fu alleviata da ben nove
Università Israelitiche, rispondendo alla struggente richiesta d’aiuto rivolta
loro dai fattori Tranquillo Del Monte, Isaia di Castro e Samuele Moro,
fornirono aiuti economici.
Superato il
brutto momento la comunità si interrogò: si poteva vedere l’azione di Dio nella
salvezza inaspettata giunta dalla pioggia che aveva spento il fuoco e gli animi
dei più facinorosi?
Nel solco di
una tradizione millenaria, a Roma venne istituita la celebrazione del Moed di
piombo (dal colore del cielo scuro come il piombo, ndr.) a cura della
confraternita Ezra’ bezarod - che possedeva tanto di statuto, sede e dotazione
economica - i cui membri si riunivano nella scola siciliana e recitavano uno
speciale formulario di inni e invocazioni composte per l’occasione da David
Bondì’ e stampato a cura di Yaaqov Caivano.
Con il
trascorrere del tempo questa ricorrenza e un po’ caduta nell’oblio. Ma da
alcuni anni un gruppo, riunito intorno ai frequentatori del tempio di via
Monteverde, ha deciso di recuperare i significati e la storia di questo
miracoloso evento.
Questa festa ricorda
un gravissimo rischio di sterminio, ed è molto cara al popolo ebraico, che accanto
alla festa di Purim, vuole
celebrare anche… le feste di Purim!
Ester (sposa
del re Assuero, amatissima dai marrani, in quanto anche lei segretamente ebrea)
è spinta dal suo parente Mordechai ad intervenire per la salvezza del popolo, a
rischio della sua stessa vita, altrimenti “da un’altra parte [unica
citazione di Dio in questo libro] verranno aiuto e protezione per i Giudei”.
Questi Purim,
detti qetanim, “piccoli, minori”, vengono o venivano celebrati da intere città,
comunità, oppure, a volte, solo da una o poche famiglie, in memoria di scampati
pericoli, sventati miracolosamente.
La loro
istituzione sembra essere tipica (anche se non esclusiva) dell’ebraismo sefardita
e italiano, e copre un lungo arco temporale, da prima dell’XI secolo (Purim di Oria,
che vedremo in un post successivo) al XX secolo, con il Purim della Parashah di
Toledot a Padova, istituito dopo il tentato incendio del Tempio da parte dei
fascisti.
Riguardo a Purim in generale suggerisco due ottimi siti: Torah.it,
veramente completo e ben fatto, e Chabad Roma,
ugualmente interessante.
[…] Uno di questi Purim è quello de Il
Cairo. Viene festeggiato in ricordo degli eventi dell'anno 1524
quando il governatore dell'Egitto, I'Haman dei suoi tempi, mise in galera 12
ebrei, rabbino capo compreso, per estorcere denaro alla comunità. Quest'uomo
crudele minacciò di mettere a morte tutti gli ebrei del Cairo, ma finì
accoltellato da un suo aiutante e gli ebrei riuscirono a sfuggire a un
terribile massacro. L'esito felice fu ricordato per molti anni il 28 di Adar.
Nel 1690 Ancona fu colpita da
una serie di terremoti che avrebbero potuto distruggere la comunità. Anche
oggi, in ricordo di quell'evento, si celebra il Purim di Ancona che assomiglia
al Purim più famoso, con un digiuno che è seguito da un grande banchetto.
Per gli ebrei di Algeria, vi
è il Purim Edom, che ricorda il
tentativo, fatto da Carlo V di Spagna nel 1504, di prendere la città di Algeri.
Secondo la leggenda, le preghiere del rabbino della comunità furono esaudite:
una tempesta distrusse la flotta degli invasori, salvando gli ebrei
dall'attacco furioso degli spagnoli.
E ancora, il Purim di Firenze
viene osservato dagli ebrei fiorentini a memoria del giorno in cui nel 1790 le
mediazioni di un vescovo locale li salvarono da una folla inferocita.
Durante il Purim delle Cortine di Praga,
i discendenti del praghese Mosè Altschul sono chiamati ogni anno a leggere un
rotolo nell'anniversario del giorno in cui costui fu liberato dalla galera. Si
racconta che delle cortine di damasco furono rubate dal palazzo del Governatore
e date in mano a Mosè Altschul, allora sagrestano della sinagoga di Meisel a
Praga.
Altschul rifiutò di dire da chi aveva ricevuto in custodia il
bottino e fù imprigionato. Il presidente della congregazione rivelò il nome del
ladro, che dichiarò di aver comperato le tende da due soldati. la congregazione
pagò una multa di 10,000 fiorini per poter liberare Altschul, che narrò poi
l'episodio, scrivendo su un rotolo da egli chiamato Meghillat Purim ha Kela'im
il Rotolo del Purim delle Cortine - e chiese che i suoi discendenti
organizzassero dei festeggiamenti ogni anno, durante i quali avrebbero letto il
rotolo.
Nel nord-ovest della Turchia
c'è una città ora chiamata Edirne, conosciuta
una volta come Adrianopoli. Lì vicino si trova Gumeldjina, un villaggio che
festeggia il Purim dei Banditi. Nel 1786
il villaggio fu attaccato dai banditi che seminarono terrore nel ghetto e
tentarono di saccheggiare l'intero paese. I banditi furono sconfitti, gli
abitanti liberati, ma gli ebrei furono accusati di aver tessuto un complotto
con loro. Dopo energiche proteste gli ebrei riuscirono a provare la proprio
innocenza e furono salvati dunque da una duplice sfortuna. I rabbini del luogo
fissarono il 22 di Elul come festività locale.
I1 21 di Adar, nel sud della Francia,
vicino alla frontiera con la Spagna, gli ebrei di Narbonne festeggiano il Purim di Narbonne. Quel giorno del 1236, ci fu un
litigio fra un ebreo e un cristiano che finì con la morte di quest'ultimo.
Stava per scoppiare un pogrom, ma il governatore di Narbonne apparve
all’improvviso circondato dai suoi soldati, e la sommossa fu repressa. La folla
fu dispersa e l'ordine fu ripristinato: L'avvenimento viene ricordato dalla
comunità come il Purim di Narbonne.
Per la sua famiglia, un certo David Brandesi della Boemia istituì nel 1731 il Purim ôvidi (Il Purim della marmellata di prugne).
Questo giorno celebrativo commemora il suo rilascio dalla prigione e la
restaurazione del suo buon nome.
Brandesi, un droghiere, aveva venduto un barattolo di marmellata di
prugne alla famiglia di un rilegatore di libri, i cui componenti si ammalarono
dopo averla mangiata. II rilegatore di libri morì e Brandesi e i suoi figli
furono gettati in prigione con l'accusa di vendere cibo avvelenato. Dopo una
serie di indagini si scoprì che il rilegatore in realtà era morto di
tubercolosi e il caso contro Brandesi fu abbandonato. Per più di 150 anni, i
discendenti di Brandesi osservarono questa festa.
Nel 1840 sull'isola greca di Rodi,
gli ebrei furono falsamente accusati di aver ucciso un bambino per scopi
rituali. Alla fine si seppe che dei concorrenti greci degli ebrei. anche loro
commercianti di spugna, avevano rapito il bambino per mettere i rivali in cattiva
luce. Il bambino fu trovato e le autorità promulgarono un decreto affermando la
falsità delle accuse. Per una strana coincidenza, il caso fu risolto proprio il
14 di Adar, cosi che, per gli ebrei di Rodi, il Purim da noi conosciuto è una
doppia festa.
Durante il 13° e 15° secolo, in una data imprecisata ci fu a
Shiraz, nella Persia, un episodio che
portò all'istituzione del Purim di Shiraz.
Un macellaio locale fu accusato di aver venduto carne taref (non casher). Per
reazione alla rabbia dei suoi compagni ebrei si convertì all'islamismo e accusò
i suoi ex-correligionari di una serie di delitti. I musulmani costrinsero gli
ebrei a scegliere fra la morte e la conversione. Tutti si convertirono, ma il
macellaio fu trovato morto un mese dopo in circostanze misteriose. Nella sua
tasca fu trovata una lettera in cui v'era scritto che le sue dichiarazioni
erano false e che gli ebrei erano tutti innocenti. Fu loro concesso di tornare
all'ebraismo e fu così stabilito il Purim di Shiraz. […]
In generale sui Purim italiani, da Torino ebraica ,
un articolo del Rabbino Capo rav Ariel Di Porto.
Nel tredicesimo
numero di Torat Chayim Rav Nello Pavoncello dedica un articolo ai Purim locali
delle comunità italiane. In tempi più recenti si sono interessati del tema Rav
Amedeo Spagnoletto, Roberto Salvadori, che hanno scritto sulla notte degli
Orvietani, o Purim Shenì di
Pitigliano, e Pier Cesare Yoli Zorattini, che ha scritto sui Purim di Padova. Il primo di questi Purim, sembra
essere quello di Siracusa, del XV sec. Sul tema si segnala l’articolo di Dario
Burgaretta, Il Purim di Siracusa alla luce dei testi manoscritti, pubblicato in
Materia Giudaica XI/1-2 (2006), pp. 51-80.
Il fenomeno non riguarda solamente l’Italia ebraica, ma coinvolge anche il nord
Africa, la Turchia, il Medio Oriente: Ariel Viterbo ne trae l’impressione che
si tratti di un fenomeno mediterraneo.
Partiamo
dalla fine: Rav Pavoncello concludendo l’articolo scrive: “Sarebbe augurabile
che i Purim locali non siano dimenticati o che siano ripristinati nelle
comunità non del tutto estinte, affinché il ricordo degli avvenimenti ci
ricolleghi agli infiniti anelli della catena delle generazioni che ci hanno
preceduti, le quali hanno subito onte, percosse, violenze pur di non venir meno
alla fede avita ed all’attaccamento al popolo d’Israele”.
In
generale si parla di Purim locali riferendosi ad alcuni giorni che commemorano
la salvezza da una qualche grave sciagura che ha colpito un’intera comunità,
così come avvenne ai tempi del re Acheshwerosh. In questi Purim in alcune
comunità vi sono dei festeggiamenti particolari e si legge persino una speciale
meghillah, nella quale si narra l’accaduto. A volte nella ‘amidah viene
introdotta una formula speciale di ‘al ha-nissim. Questi giorni sono noti nella
nostra tradizione come Purim shenì. In alcune comunità il Purim è preceduto da
un digiuno, durante il quale vengono recitate speciali Selichot, così come
avviene per il Purim propriamente detto. In alcuni luoghi si recita persino
l’Hallel, che i chakhamim non hanno stabilito per il vero Purim, e ci si
astiene dal lavoro.
Rav
Pavoncello segnala che l’elenco dei Purim locali contenuti nella Jewish
encyclopaedia non è completo relativamente alle comunità italiane. Per questo,
avvalendosi di altri lavori citati di Roth e Levinsky, Rav Pavoncello è
riuscito ricostruire in maniera abbastanza esatta il quadro italiano.
Le
comunità che celebravano il loro Purim locale erano Ancona, Casale Monferrato,
Ferrara, Firenze, Livorno, Padova, Senigallia, Trieste, Urbino, Verona.
a) Il Purim di Ancona, chiamato anche Purim Qatan, veniva celebrato il 21 di Tevet. Il
giorno precedente si usava digiunare. Conosciamo dei particolari circa questa
celebrazione dall’opera Or Boqer di R. Yosef Fiammetta (Venezia, 1741): “il 21
di Teveth, venerdì sera, dell’anno 5451 (1690), alle ore 8 e 1/4 vi fu un
fortissimo terremoto. Furono subito aperte le porte del tempio ed in pochi
istanti esso si riempì di uomini, donne e bambini, ancora seminudi e scalzi,
che vennero a rivolgere preghiere all’Eterno, davanti all’Arca Santa. Un vero
miracolo avvenne allora nel Tempio: non vi era che un solo lume, che rimase
acceso finché non fu possibile provvedere”. Nel Ghetto cadde un solo edificio,
uccidendo sei persone; quattro salme furono recuperate, dopo che per tutta la
notte si lavorò per sgombrare le macerie. L’anno seguente il Rabbinato decretò
un digiuno seguito da un giorno di festa. Vennero composti uno speciale Widdui
per il digiuno e un inno, accompagnato da vari strumenti musicali, per la
festa. Il Chazan invitava il pubblico alla preghiera serale con la formula
“Barekhù ‘adatì”; il pubblico rispondeva “Barukh podeh umatzil”. La preghiera
serale era accompagnata da strumenti musicali. La ‘amidah era seguita dalla
recitazione dell’Hallel intero, senza recitarne le benedizioni.
b) Il Purim di Casale Monferrato, conosciuto come Purim dei Tedeschi, fu celebrato sino ad alcuni
anni prima delle leggi razziali il 23 di Nissan. A questo Purim dedicò un
articolo S. Foà sulla rassegna mensile di Israel nel giugno 1949, dove viene
illustrato il cerimoniale della giornata: “circa due ore prima che tramonti il
sole, dopo che sono state chiuse le porte del mercato, tutto il popolo, uomini
e donne, si raduna nella casa del Signore. Dopo il Kaddish si estraggono tre
Sefarim e si portano sul Dukhan, e mentre il Chazzan canta con voce soave i
Salmi 46,66, 127 e 137, si rimettono i Sefarim nell’Aron e si comincia la
preghiera di Minchà; poi il Rabbino o uno dei Capi della Comunità prende in
mano un bacile d’argento e va in giro a raccogliere le offerte dei singoli, che
vengono divise tra i poveri. A Casale si festeggiava anche un Purim delle
bombe, che ricordava l’assedio spagnolo del 1640 o del 1648.
c) A Ferrara si festeggiava un Purim Qatan il 24 Kislew, in ricordo dello
scampato pericolo del Ghetto da un incendio.
d) In
Ketav ha-dat Daniel Terni, probabilmente all’epoca rabbino della comunità di Firenze, descrive l’assalimento del ghetto da
parte di un gruppo di persone il 27 Siwan 5550 (1790). Grazie all’intervento
del Vescovo la folla venne allontanata. Per questo i fiorentini digiunavano il
26 di Siwan, recitando varie elegie e leggendo la Parashah dei digiuni, mentre
il 27 si scambiavano doni e leggevano l’Hallel.
e) Sino
a non molti decenni fa gli ebrei di Livorno
digiunavano il 22 di Shevat, poiché nel 1742 la Comunità venne salvata da un
terremoto che minacciò la città. Gli eventi di quei giorni sono narrati nella
cosiddetta Meghillat Yedidiah, un testo celebrativo di un ebreo, commerciante
livornese, che venne malmenato quasi a morte il 12 di Shevat, e scrisse un
componimento per tramandare il ricordo della sua salvezza. Il Rabbino Malakhì
ha-Kohen compose il cerimoniale di quel giorno, Qol tefillah e Shivchè Todah
(5504). Il Sabato successivo, chiamato Shabbat dei terremoti, si usava recitare
l’Hallel con tono solenne.
f) A Padova si celebravano alcuni giorni di Purim
Qatan: il Purim di Buda, stabilito per il
10 di Elul nel 5444 (1684), perché gli ebrei, accusati di aver aiutato i turchi
durante l’assedio della città di Buda, si salvarono per via dell’aiuto di molti
cattolici e maggiorenti della città; il Purim del fuoco,
in ricordo dell’incendio che colpì il ghetto l’11 di Siwan del 1795. I
particolari sono riportati dal Rabbino Refael Finzi nel libro Leshon Esh; in
tempi più recenti (1927) il Rabbino Castelbolognesi istituì il Purim della Parashah di Toledot, per via di un
tentativo di incendio del Tempio di Padova da parte dei fascisti. Il venerdì
sera di quello Shabbat si recitava uno speciale ‘al ha-nissim in ricordo di
quella circostanza.
g) A Roma si celebra il 2 di Shevat, il Purim di piombo [più noto come Mo’ed di piombo], che ricorda un tentativo di
incendio del Ghetto da parte della plebaglia nel 1793. L’origine del nome è
incerta. Secondo gli anziani il nome è dovuto al fatto che il cielo si coprì di
dense nubi, e una densa pioggia spense l’incendio. Secondo altri l’appellativo
di piombo serve ad indicare che si tratta di un mo’ed secondario, da non
confondersi con quelli principali. Secondo Rav Pavoncello la prima ipotesi è
più credibile. Durante quel giorno non si recita il tachanun. La sera il
rabbino teneva una particolare derashah nella quale spiegava il motivo della
ricorrenza. L”Arvit era recitato con l’aria dei giorni festivi e preceduto
dalla lettura di vari Salmi. Veniva poi recitato solennemente un pizmon “or zeh
zeman nissim le’ammò El”, composto da David Bondì, come risulta dall’acrostico
delle ultime strofe.
h) Il 15
di Siwan 5559 (1799) gli ebrei di Senigallia
furono miracolosamente salvati, dopo che i francesi li avevano depredati e ne
avevano uccisi tredici. Furono salvati dagli ebrei di Ancona, che venuti a
sapere del fatto, inviarono delle navi per trarli in salvo. Il 14 di Siwan si
digiunava ed il 15 si leggeva una speciale meghillah, si faceva un banchetto e
si scambiavano i doni come nel vero Purim.
i) Nel
1833 a Trieste un certo padre Nuvoli
nelle proprie prediche attaccò violentemente, fra gli altri, gli ebrei. In
particolare il predicatore lanciò un anatema contro chi accettava elemosine
degli ebrei. Il predicatore morì nei giorni precedenti Purim e venne sepolto
proprio all’ora del banchetto festivo. La poetessa Rachel Morpurgo compose
una poesia intitolata Haman nafal, hakes nikfal (Haman è caduto, il miracolo è
raddoppiato).
l) Ad Urbino l’11 di Siwan venne proclamato poiché la
comunità venne salvata da un grave pericolo per intercessione delle truppe
francesi nel 1799.
m) A Verona il 20 di Tammuz ricorda l’episodio in cui
il capo della città si presentò nel 1607 per chiudere il Ghetto dall’esterno,
rendendo impossibile agli ebrei di uscirne per procacciarsi da vivere. Alla
fine tuttavia concesse agli ebrei di chiudere il Ghetto dall’interno e questo
fu ragione di grande giubilo.
n) Anche
la comunità di Venezia ricorda il Venerdì della bomba: nel 1849 una bomba trafisse
il soffitto del Tempio Spagnolo, sprofondando sui gradini dell’Aron, senza
esplodere e senza recare danni. Sui gradini dell’Aron c’è un’iscrizione che
recita: “Qui sprofondò una bomba, rovinando s’inabissò, danno non produsse,
passò irrompendo, ma con giudizio, la sera del capo mese di Elul 5609 nell’ora
della preghiera”. Quell’avvenimento è ricordato con una speciale preghiera,
composta dal rabbino di allora, Avraham Lattes, che fu autore anche
dell’epigrafe sull’Aron.
[…]
Ariel Viterbo crede che sia necessario, anche alla luce degli ultimi studi, stilare
un elenco completo dei Purim locali, attraverso una catalogazione che presenta
elementi fissi: luogo, tempo, evento, elemento salvatore, forma della
decisione, contenuto della decisione, descrizioni dell’evento, modalità di
celebrazione, sopravvivenza delle celebrazioni nel tempo, modalità di
segnalazione e di celebrazione odierna, bibliografia.
IN UN PROSSIMO POST VEDREMO PIÙ DA VICINO I “NOSTRI” PURIM QETANIM