Sabato 24 febbraio Guardia Piemontese, sul Tirreno
cosentino, ricorderà con una serie di eventi le cosiddette “Lettere patenti”,
con le quali il 17 febbraio 1848 il Re di Sardegna, Carlo Alberto, poneva fine
alla lunga storia di discriminazione di valdesi ed ebrei, concedendo loro pienamente
gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini.
A
Guardia Piemontese, si giunge con una strada mozzafiato che premia con un
meraviglioso panorama sul Tirreno, ma ferma il cuore in gola al termine, quando
giungi all’ingresso del paese e leggi le insegne: Porta del sangue su Piazza
della strage.
Nella
cittadina, oggi con pochi abitanti rispetto a quelli che popolano la sua
Marina, ormai conserva poche vestigia del suo passato: ormai la popolazione è
cattolica e solo qualche centinaio di anziani parla l’antica lingua
franco-provenzale dei suoi padri valdesi; però il costume tradizionale è quello
delle valli piemontesi da cui provenivano gli antenati e le case del bellissimo
centro storico ben conservato, recano ancora lo sportello apribile dall’esterno
attraverso cui i frati dell’inquisizione controllavano che le famiglie
recitassero il rosario e osservassero le altre devozioni cattoliche a cui erano
tenuti dopo la loro conversione.
Qui
e nei paesi intorno (San Sisto dei Valdesi, San Vincenzo La Costa, Montalto
Uffugo, ed altri ancora) vissero per circa tre secoli, a partire dal XII, in
epoca imprecisata, popolazioni di religione valdese, in fuga dalla persecuzione
a cui erano soggetti in Piemonte, chiamati qui dal feudatario locale per
rendere produttive con l’agricoltura e l’allevamento le sue terre.
In
questo luogo meraviglioso si consumò uno degli episodi più tragici della storia
calabrese, dopo l’adesione dei valdesi alla riforma calvinista e l’inizio di un’attività
di predicazione, dopo che per 300 anni si erano mimetizzati per passare
inosservati.
Inquisiti,
torturati, 2000 furono uccisi e centinaia furono appesi lungo la strada tra Cosenza
e Morano monito di chi ancora rifiutava la conversione, alla quale infine
furono indotti per non morire con i loro figli.
Perché
parlare dei valdesi in un blog dedicato agli ebrei? Perché molti furono i
tratti che accomunarono queste due realtà in Calabria, pur con notevoli
differenze. Bisogna riconoscere che i valdesi (in quanto eretici) ebbero un
trattamento più duro da parte della Chiesa: gli ebrei (salvo casi rari e
sporadici, più ad opera del popolo ignorante che da parte del clero) furono
oppressi, perseguitati, scacciati, ma non subirono la sorte sanguinosa dei
valdesi; stanziali in alcuni paesi di una determinata zona del Cosentino erano
i valdesi, diffusi in tutta la regione invece gli ebrei; per lo più agricoltori
i valdesi, mentre gli ebrei erano presenti in tutti i settori professionali, ma
di meno in quello agrario. Nondimeno, molti furono i tratti comuni. In tutti e
due i casi si trattava di popolazioni disprezzate e costrette a nascondersi (i
valdesi) o a sottostare a condizioni spesso molto dure di permanenza (gli
ebrei). Entrambi le genti dovettero affrontare tentativi di conversione,
sebbene i modi e con esiti diversi. Nonostante, come detto prima, la loro
collocazione geografica fosse diversa, pure si incontrarono in alcune realtà.
Secondo Oreste Dito, furono entrambi presenti a Vaccarizzo, frazione di
Montalto Uffugo, accanto ad albanesi ed italiani, in un esempio di
multiculturalismo ante litteram; insieme si ritrovarono poi come neofiti
(convertiti) a Tarsia, secondo documenti citati da Cesare Colafemmina. Per
tutti loro la presenza ufficiale in Calabria cessò nel XVI secolo, ma tra gli
uni e tra gli altri alcuni continuarono per secoli a conservare l’antica fede:
ancora nel XVII secolo un inquisitore domenicano lamenta la presenza di ebrei
che soprattutto a Catanzaro e a Montalto osservano segretamente i riti ebraici,
e ancora nel XVIII secolo singoli valdesi lasciano la Calabria per dirigersi in
Svizzera dove potevano praticare liberamente la loro fede.
Marco
Berardi, il “brigante” Re Marcone”, si dice fosse di famiglia valdese, o quanto
meno influenzato da amicizie e frequentazioni valdesi, anche se qualche studioso
(minoritario) parla di ebrei. Della madre di Francesco da Paola, il monaco
divenuto santo patrono della Calabria, nativa di Fuscaldo, si dice che fosse
neofita e quindi ebrea, ma io suppongo potesse essere più credibilmente una
neofita valdese, vista la zona d’origine (il nome più antico di Guardia
Piemontese era Casale di Fuscaldo), in cui non è attestata presenza ebraica.
Degli uni e degli altri resta oggi visibile ben poco, se non alcuni cognomi; in
particolare il cognome Lombardo (Guardia Lombarda era il nome della cittadina,
prima di essere cambiato in Piemontese) era molto diffuso tra i valdesi.
Infine,
sia i valdesi che gli ebrei hanno da qualche anno ricominciato un lento ritorno
nella nostra regione, entrambi senza forme proselitismi ma con la testimonianza
della rispettiva fede.
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