Di Angelo De Fiore
z.l., Giusto delle Nazioni, calabrese di Rota Greca (CS), che in qualità di alto funzionario di
polizia, con azioni coraggiose e al di fuori della “legalità”, ma ben dentro l’umanità
e la giustizia, salvò la vita a numerosissimi ebrei nella Roma occupata dai
nazisti, ho già parlato in un precedente post.
Oggi torno a
parlarne nell’occasione dell’affissione, avvenuta mercoledì scorso, di una
targa che lo ricorda presso il palazzo dove abitava in quegli anni. KOL
HAKAVOD!
La sua memoria sia di
benedizione.
Sono stato a vedere dove è posta la targa commemorativa, e ne ho fatto le foto che pubblico di seguito.
Sono stato a vedere dove è posta la targa commemorativa, e ne ho fatto le foto che pubblico di seguito.
De Fiore, funzionario coraggioso
(Da L’Unione informa - Pagine ebraiche, 31 gennaio 2018)
Nell’ora più
dura non voltò le spalle alla solidarietà, pur in un ruolo di grande
esposizione pubblica quale quello di responsabile dell’Ufficio Stranieri della
Questura di Roma.
Nato in
provincia di Cosenza nel 1895, trasferitosi nella Capitale dopo il matrimonio,
fece presto carriera dopo aver vinto il concorso come funzionario di pubblica
sicurezza. Angelo De Fiore: un uomo delle istituzioni apprezzato per il suo
rigore ma anche un “Giusto tra le Nazioni”, come certificato dallo Yad Vashem
nel 1969.
Da oggi una
targa, deposta in via Clitunno al civico 26, la sua abitazione, ricorda
l’articolata azione di coraggio che mise in piedi sotto il nazifascismo.
Molti ebrei
stranieri - è stato ricordato nel corso della cerimonia, avvenuta questa
mattina - ebbero i nomi camuffati grazie all’intervento di De Fiore; decine di
ebrei italiani furono inoltre regolarizzati come profughi dall’Africa
Settentrionale. Carte false, incluse le tessere annonarie, elaborate con un tal
“signor Charrier”, che poi nel suo ufficio ottenevano i timbri ufficiali e poi
i permessi di soggiorno.
Presenti tra
gli altri alla cerimonia il vicesindaco con delega alla Crescita Culturale Luca
Bergamo; il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce; il questore
Guido Marino; la presidente del II Municipio Francesca Del Bello; Consigliere
dell’UCEI Victor Magiar, che dell’apposizione di questa targa è stato il
principale promotore; la presidente della Comunità ebraica romana Ruth
Dureghello e il figlio Paolo De Fiore.
Shoah, una targa per Angelo De Fiore:
il poliziotto che salvò migliaia di ebrei
Alla presenza
del vicesindaco di Roma Luca Bergamo è stata scoperta in via Clitunno, nel II
municipio, la targa in memoria di Angelo De Fiore che recita «alto funzionario
di polizia, proclamato giusto tra le Nazioni per aver salvato, a rischio della
propria vita, centinaia di ebrei durante l'occupazione nazifascista». «Sono
felice di questa inaugurazione perché mi lega alla famiglia De Fiore anche una
conoscenza personale» ha detto la presidente del municipio II, Francesca Del
Bello prima di ripercorrere le tappe della vita di Angelo De Fiore. Nato a Rota
Greca, in provincia di Cosenza, il 19 luglio 1895 e morto a Roma il 18 febbraio
1969, De Fiore è stato un poliziotto italiano che, durante l'occupazione
tedesca, in servizio quale responsabile dell'Ufficio Stranieri della questura
di Roma salvò la vita di centinaia di ebrei strappandoli alla deportazione
nazista e all'olocausto.
Quale dirigente
dell'Ufficio stranieri iniziò ad aiutare gli ebrei di cittadinanza non italiana
che, a causa delle leggi razziali, avrebbero dovuto lasciare il Paese entro il
12 marzo 1939. Scoppiata la seconda guerra mondiale in collaborazione con la
Delasem (organizzazione della resistenza antinazista) e con l'opera
assistenziale di monsignor Hugh O' Flaherty finse di aiutare le autorità terzo
reich che occupavano all'epoca Roma. Manipolò
le pratiche
riguardanti ebrei e sospetti di attività antifascista, ostacolando in tal modo
l'attività della Gestapo da cui riceverà ripetuti richiami e venendo fatto
oggetto anche di un'indagine che si risolverà senza alcuna conseguenza. Creò
confusione negli archivi: molti ebrei stranieri ebbero i nomi camuffati; decine
di ebrei italiani furono regolarizzati come profughi dall'Africa
Settentrionale. Spesso prelevò ebrei dalle prigioni naziste facendoli passare
per pericolosi ricercati per reati comuni o disertori dell'esercito e in
seguito liberandoli.
«Mio padre percorse tutta la scala gerarchica della polizia di Roma - ha spiegato il figlio Paolo De Fiore - . La caccia agli ebrei era spietata e mio padre ne salvò molti a rischio della sua vita. Mi domando da dove trasse tutta questa forza e questo coraggio. Probabilmente credeva nella sua professione: obbediente alla legge, ma prima di tutto alla legge della coscienza. Credo che mio padre, quando compiva queste azioni, pensasse a noi figli e al dovere di non poterci lasciare un mondo malvagio e crudele». «La forza di un funzionario di polizia è non chiedersi che cosa sta rischiando. Non ho avuto il privilegio di conoscerlo personalmente ma non credo che pensasse di diventare un eroe. Però lo è diventato», ha sottolineato il questore di Roma Guido Marino.
Dopo l'attentato di via Rasella ad Angelo De Fiore venne richiesto di
fornire dei nominatavi di ebrei su cui effettuare la rappresaglia poi
concretizzatasi nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, e la sua risposta fu di
«non avere alcun nome di ebreo da offrire», adducendo come causa il fatto che
gli archivi dell'Ufficio si trovavano in stato di estremo disordine per sua
negligenza.
Continuò la sua opera sin quasi all'arrivo degli Alleati, prima del
quale si diede alla macchia, avendo però cura di distruggere anticipatamente,
con l'aiuto dei suoi collaboratori, le pratiche di ebrei e militari sospetti
ancora presenti negli archivi della Questura trasferiti in segreto negli
scantinati. In questo periodo collaborò attivamente con il gruppo clandestino
Sprovieri del Centro Clandestino Militare, cui comunicava le liste dei
perseguitati politici e degli Ufficiali Italiani sgraditi. Per la sua opera
ricevette già nel marzo 1955 la Medaglia d'oro e una lettera dall'Unione delle
comunità israelitiche in Italia mentre nel 1966 il suo nome è stato inserito,
al pari di quello di Perlasca e Palatucci, tra i Giusti d'Israele ed è scolpito
sulla stele della Collina dell'Olocausto in Gerusalemme.
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