Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 22 maggio 2017

La menorah tra Musei vaticani, Museo ebraico e Calabria



Dal 15 maggio al 23 luglio, in un inedito gemellaggio tra Musei vaticani e Museo ebraico di Roma, si svolge una interessantissima mostra su quello che è sempre stato il simbolo per eccellenza della fede e dell’identità ebraica, la menorah, il candelabro a sette bracci le cui luci ardevano ininterrottamente nel Bet haMiqdash (il Tempio) di Gerusalemme. Distrutto il tempio, depredati i suoi tesori, non se ne hanno più notizie da quasi 2000 anni. Anche il suo trafugamento a Roma è stato messo in dubbio, da alcuni che sostengono essere solo una copia quella raffigurata nell’Arco di Tito,che sarebbe stata trasportata a Roma. Come che sia, verrà poi riprodotta nello stemma del ricostruito Stato di Israele.
Al gemellaggio tra i due importanti di Roma, voglio unire un gemellaggio minore con le menorot calabresi, le poche ritrovate, di cui farò una breve carrellata.

Menorà. Culto, storia e mito: “Mostra che guarda al mondo”
Da Moked, 15 maggio 2017

“Non soltanto un evento che ha un chiaro valore simbolico. È anche una grande iniziativa sotto il profilo artistico quella che inauguriamo oggi, frutto di una collaborazione molto intensa tra i nostri due musei”. Così la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta ha illustrato in conferenza stampa la mostra “Menorà. Culto, storia e mito” che vede coinvolti insieme il Braccio di Carlo Magno in Vaticano e il Museo ebraico di Roma.
Centotrenta opere in mostra, grazie anche ad alcuni prestiti concessi dai più importanti musei al mondo (dal Louvre di Parigi alla National Gallery di Londra, dall’Israel Museum alla Biblioteca Palatina di Parma). L’arte figurativa, nelle sue diverse forme, per raccontare la “storia plurimillenaria, incredibile e sofferta della Menorà”. E cioè il candelabro a sette braccia che proprio a Roma, snodo fondamentale della sua vicenda, è diventato il simbolo più potente dell’ebraismo. “Una mostra sulla Menorà non poteva che essere organizzata qua, in questa città” sottolinea la direttrice del Museo ebraico Alessandra Di Castro, intervenendo dopo Jatta.
Ad illustrare la sfida e il messaggio dell’iniziativa sono anche gli altri due curatori (insieme alla Di Castro) Francesco Leone, professore associato di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università G. D’Annunzio Chieti-Pescara, e Arnold Nesselrath, delegato per i Dipartimenti scientifici e i laboratori di restauro dei Musei Vaticani.
La mostra, è stato spiegato oggi in conferenza stampa, vuole lanciare messaggi forti all’insieme dell’opinione pubblica. E guidare, tra storia e leggenda, in un itinerario davvero unico nel suo genere. Perché è a Roma che, inaugurando il suo lungo peregrinare, la Menorà giunge nel 70 dell’era moderna dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte delle truppe condotte da Tito. Ed è a Roma che si rafforza la sua centralità identitaria, negli stessi anni in cui inizia ad affermarsi con diversi simboli il cristianesimo. Ed è sempre a Roma che il sacco dei Vandali di Gensenico del 455 ha come conseguenza la scomparsa di ogni traccia storica sul conto del candelabro. Scompare fisicamente agli occhi, ma non nella percezione e nella coscienza collettiva.
Sottolineano infatti i curatori: “Quando nel corso della storia le opere d’arte sono state trafugate come bottini di guerra la scelta è stata sempre dettata da mire materialistiche e da manie di appropriazione. A dispetto dei danni giganteschi causati da queste drammatiche spoliazioni, il valore etico connaturato alle opere d’arte trafugate ne ha trasformato in alcuni casi, paradossalmente, la ricezione negli ambienti di arrivo in poderosi strumenti di civiltà e di confronto”. Nel caso della Menorà questo potere si perpetua ancora oggi, “a quasi due millenni dalla sua definitiva scomparsa a Roma”.

La più importante menorah calabrese è senza dubbio quella raffigurata nel mosaico pavimentale della sinagoga di Bova Marina, della quale ho parlato nel blog più di una volta.
Si tratta di una raffigurazione riproducente il motivo classico, con la base a treppiedi (a differenza della base più complessa raffigurata nell’Arco di Tito) e altri simboli fondamentali della fede e del culto ebraici: a sinistra lo shofar, il corno di montone il cui suono suggestivo si ode in alcune giornate festive, e a destra il lulav (i rami di palma, mirto e salice) e l’etrog (il cedro, così legato anche alla nostra terra) che si usano nella festa di Sukkot (o delle Capanne). Un mosaico prezioso, risalente al IV-VI secolo, non solo per la sua fattura, ma per l’antico legame che concorre a stabilire tra ebraismo e Calabria.

Anse con marchi di menorah presso
il Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia
 
Sempre nell’area archeologica di San Pasquale o Deri, dove si trova la sinagoga, sono state rinvenute delle anfore, recanti il marchio della menorah, molto probabilmente contenenti vino kasher (adatto all’uso da parte degli ebrei).
Coeve al mosaico sono altre anfore simili, con impresso lo stesso simbolo sono state trovate a Vibo, e sono custodite nel locale Museo archeologico nazionale, e nell’area della Roccelletta del Vescovo di Squillace, che sorge sul territorio della greco-romana Skylletion/Scolacium.
Di questi due reperti ho già parlato in altri posto in particolare in "Nuove antiche tracce ebraiche in Calabria".

Ansa con marchio di menorah presso
il Museo della Roccelletta del Vescovo di Squillace

A suggellare il gemellaggio con la mostra in svolgimento a Roma, c’è da dire che sembrano provenire dalla Calabria anche alcune anfore con simbolo della menorah provenienti dalla Calabria, evidentemente ad uso della Comunità ebraica di Roma.


La lucerna di Lazzaro

Un’altra menorah, forse la più antica, si trova impressa su una lucerna rinvenuta in un’area cimiteriale ebraico-cristiana dell’antica Leucopetra, oggi Lazzaro, nel comune di Motta San Giovanni.

A chiusura di questa breve rassegna, non possiamo dimenticare la menorah più famosa… quella che probabilmente non c’è, almeno a detto dei maggiori storici e archeologi! Si tratta della mitica menorah di Alarico, re dei Visigoti, che l’avrebbe trafugata a Roma e poi, con varie tonnellate d’oro e d’argento l’avrebbe portata con sé dirigendosi verso la Sicilia per raggiungere l’Africa.
Morto nei pressi di Cosenza, sarebbe stato sepolto alla confluenza di Crati e Busento, deviati per scavare una tomba che contenesse il suo corpo ed il tesoro, menorah compresa.
Sono stati fatti notevoli investimenti con autorevoli sponsor per vedere di accertare l’ipotesi, anche il Referente della Comunità ebraica di Napoli, Roque Pugliese era presente al tavolo dei promotori dell’iniziativa. Al momento l’unico risultato pratico sembra essere una discussa statua di Alarico posta alla confluenza dei due fiumi. Attendiamo fiduciosi…

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