Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 29 maggio 2017

La Judeca di Nicotera: recupero e valorizzazione



La Judeca di Nicotera (VV), relativamente ben conservata, è veramente molto bella, come tutta la cittadina antica, con il suo panorama sul Tirreno da una delle più belle terrazze naturali della Calabria.

Credo che la proposta di valorizzarla, insieme alle altre Judeche di Calabria, abbia un senso storico e culturale, anche a fini turistici da Israele e non solo (gli ebrei americani sono sempre molto attenti alle radici e all’antica storia ebraica), che possa produrre anche un ritorno economico, e portare molti calabresi a prendere atto della propria storia ed eventualmente interrogarsi sulle loro radici.

Questa valorizzazione, a mio modo di vedere, è molto più interessante di un eventuale ritorno (che immagino episodico, e comunque apprezzabile solo da parte di pochi studiosi e cultori della materia) del Commentario alla Torah di Rashi stampato nel 1475 a Reggio.

Qualche anno fa era stata creata l’associazione Charta delle Judeche della provincia di Reggio Calabria, sottoscritta anche da alcuni comuni del Reggino, ma di cui non ho più avuto notizie: forse è il caso di estenderla all’intera Calabria (l’unione fa la forza), con forze più fresche, attive e coinvolte.

Giudecca di Nicotera: appello del Centro Studi Nicoteresi (CeSNi), al Presidente Oliverio
Da Mediterranei News 28 maggio 2017


Come anche i lettori di Mediterraneinews.it ormai sapranno, nei giorni scorsi, il Presidente della Regione Mario Oliverio ha chiesto al Ministro dei beni culturali Dario Franceschini, il ritorno, qui in Calabria, della prima opera stampata in lingua ebraica – il saggio scritto dal rabbino francese Salomone Isaccide, il “Commento al Pentateuco” – realizzata appena venti anni dopo la famosa Bibbia di Gutenberg. Primo passo questo, di un percorso ben più ampio che nella mente del governatore dovrebbe condurre ad un più ampio progetto per il rilancio della presenza storica degli ebrei in Calabria, territorio che presenta numerose mete di interesse turistico e culturale, come i resti della grande sinagoga di Bova Marina.
Un progetto certamente degno di lode sopratutto in questi tempi dove il Mediterraneo – un tempo ponte fra culture e fedi diverse (cristiana, musulmana, ebraica) – rischia di diventare un confine, un “limes” invalicabile, una barriera tra Nord e Sud del mondo.
Un progetto di questo tipologia e di tale spessore culturale deve essere ovviamente portato avanti con il coinvolgimento delle università, dei centri di ricerca, delle associazioni culturali, delle scuole ma anche con la fattiva collaborazione degli istituti culturali più prestigiosi e delle istituzioni degli ebrei in Italia e dello stato di Israele.
Una parte importante di questo progetto certamente potrebbe essere il recupero di tutto quel patrimonio immateriale che la presenza ebraica ha lasciato in queste terre – riti, credenze popolari, tracce nella toponomastica e nella gastronomia (siamo o non siamo la terra d’elezione della dieta detta “Mediterranea”?), l’avvio di progetti di interscambio con le comunità ebraiche italiane e con la stessa Israele, anche da sfruttare in chiave turistica.
Ma l’aspetto centrale di questo progetto non può che passare dal recupero del patrimonio dei beni culturali di matrice ebraica presenti nella nostra regione. A cominciare dalle splendide e in moltissimi casi ben conservate Giudecche, cioè gli antichi quartieri dove fino agli inizi del XVI° secolo, gli ebrei risiedettero nei vari centri della nostra regione (reggendosi con ordinamenti propri, secondo le proprie tradizioni) – tra questi Nicotera il cui quartiere ebraico si conserva in maniera eccellente ed è certo che era tra le più importanti fra quelle presenti – e i cosiddetti Fondachi (Funduq) che erano invece i luoghi dove gli ebrei potevano vendere i loro prodotti.
Lo afferma in una nota il CeSNi (Centro Studi Nicoterese) che ricorda come “fu Federico II° ad accogliere gli ebrei a Nicotera concedendo loro questo quartiere – la Giudecca per l’appunto – che funse da autentico volano dell’economia locale del tempo, grazie allo sviluppo della coltura della seta e di una intensa attività artigiana, con botteghe di orafi, scalpellini, tessitori, tintori e di conciatori di pelli. Le sue caratteristiche urbanistiche sono evidenti nella sua compattezza perimetrale, con viuzze a raggiera che sottopassano le case, attaccate l’una all’altra e a volte si proiettano su piccolissimi cortili, nelle stradine strette e tortuose e nei “cafi” cioè dei caratteristici passaggi coperti. Per la sua importanza, la Giudecca nicoterese, viene citata nel Regesto angioino del 1270. In questo importante documento scrive Oreste Dito – tra i massimi studiosi sull’ebraismo nelle terre di Calabria), sono riportate ben 14 comunità ebraiche che regolarmente pagavano la Colletta (tassa sulla proprietà) alla corte. E a Nicotera, divenuta in quel tempo con regia ordinanza del 1239 uno dei principali porti e arsenali del regno, la propulsione economica della città coincide proprio con la presenza ebraica e lo sviluppo della coltura del gelso e della produzione del “tussah” una qualità di seta poco fine e di colore scuro (perché ottenuta con bombici nutriti con foglie di quercia, faggio e castagno) e del ”bissah” (filatura candida poiché il bombix mori veniva nutrito solo con foglie di gelso bianco)”.
La presenza degli Ebrei in Calabria secondo il Ferronelli (in “Gli Ebrei nell’Italia Meridionale dall’età romana al secolo XVIII, TO,1915”) doveva essere cospicua se si pensa che secondo questi, nel 1481 venivano tassati in Calabria 12.187 Ebrei, divenuti 25.000 alla fine del XV secolo, citando numerose giudecche.
“Da Cosenza a Santa Severina, da Nicotera a Vibo Valentia, da Reggio Calabria a Altomonte, – continua ancora la nota del CeSNi – si può quindi avviare un grande percorso di recupero di questo patrimonio, attraverso delle proposte semplici e concrete:
1) il censimento delle giudecche ancora esistenti e di quelle di cui si ha memoria negli atti storici anche se non vi è più traccia nel tessuto urbano dei luoghi;
2) la stipula di un Accordo di programma che veda insieme la Regione Calabria, l’UCEI (Unione delle Comunitè ebraiche italiane), La Sovrintendenza ai beni monumentali e architettonici della Calabria, i dipartimenti di Storia e di Architettura delle università di Cosenza e Reggio Calabria, e dei comuni calabresi dove la presenza ebraica è stata storicamente accertata, accordo da estendere alle autorità culturali e religiose israeliane;
3) il lancio di un percorso che colleghi tutti questi luoghi con un calendario di eventi e iniziative;
4) l’avvio di un progetto di riqualificazione urbanistica delle giudecche esistenti;
5) la valorizzazione e il recupero della tradizione alimentare e e enogastronomica calabrese di matrice ebraica nel quadro del più ampio progetto di valorizzazione della Dieta Mediterranea”.


(cerchiata in rosso, l'area della Judeca)
Nei registri delle collette fiscali di Calabria del 1270 figurano anche i giudei di Nicotera e nello stesso anno Carlo I d’Angiò ordinò al Giustiziere di Calabria di fare risarcire dai cristiani e dagli ebrei di questa località e di Seminara il milite Pietro di Monteleone, già giudeo con il nome di Giacomo Francigena, del danno di 162 once d’oro, subìto quando le due città avevano parteggiato per Corradino di Svevia e i seguaci di quest’ultimo avevano devastato a Monteleone i beni dei seguaci della casa d’Angiò.
Nel 1276 i giudei contribuirono alla tassazione generale con 23 tarì e 8 grani ed i cristiani con 148 once, 29 tarì e 8 grani. I primi partecipano nello stesso anno anche alla tassa per la distribuzione della nuova moneta coniata dalla zecca di Brindisi e nel 1277 il loro contributo alla tassazione generale scese a 20 tarì, mentre quello dei cristiani rimase invariato. Nel 1278 la loro partecipazione per metà all’annuale sovvenzione fu, invece, di 27 tarì e 19 grani.
Nel 1280 gli ebrei di Nicotera ricorsero presso Carlo I d’Angiò contro il giustiziere della provincia perché questi aveva loro imposto di eleggersi un correligionario quale giudice, mentre essi si erano sempre rivolti ai giudici cristiani per avere giustizia. Il re accolse il ricorso è ordinò all’ufficiale di non inquietare gli ebrei con la sua iniziativa e di lasciare che seguissero la loro consuetudine. Degli israeliti locali nel periodo angioino è noto Abramunt de Abramunt, che nel 1377 esportò vino rosso, insieme ad Antonio di Luciano, da Capri a Cagliari.
La presenza ebraica a Nicotera continuò sotto gli Aragonesi. Nel 1453 la comunità invocò il regio intervento per non essere obbligata al pagamento delle collette che erano state di recente imposte ai cristiani.
Agli inizi del Viceregno spagnolo la città fu tassata per 300 fuochi, quattro dei quali erano di ebrei, i cui contributi fiscali dovevano essere esatti separatamente dai cristiani e per il donativo di 450 ducati imposto nel 1507 dal Viceré ai giudei di Calabria, la Iudeca di Nicotera fu tassata per un ducato, che pagò l’11 agosto 1508 per mano di Michele Isac.
Della presenza ebraica rimane memoria a Nicotera nel quartiere della Giudecca sito vicino al castello e alla cattedrale, tra l’attuale Corso Medameo e Via Duomo.



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