Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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giovedì 1 ottobre 2015

Auguri da Napoli - 5776



GIOIRETE DAVANTI AL SIGNORE SETTE GIORNI
DI RAV UMBERTO PIPERNO
Il popolo ebraico nel percorso del primo mese dell’anno attraversa tre momenti fondamentali di incontro: a Capodanno, celebriamo la Creazione divina dell’universo, nel giorno del Kippur, dell’Espiazione, o meglio della cancellazione delle colpe, l’ebreo recupera la dimensione interiore della coscienza riconciliandosi con sé stesso, con la comunità e con il mondo. A Sukkot, la festa delle Capanne, fissata dal Levitico cinque giorni dopo il Kippur, si esce dalla propria casa, o meglio, dal proprio ego, per gioire all’ombra della divina presenza in una fragile capanna. Se a Capodanno ascoltiamo il suono dello Shofar con la nostra coscienza e la nostra mente, se a Kippur digiuniamo per elevare al Signore i nostri sentimenti di riconciliazione, arriviamo a Sukkot pronti a gioire ed eseguire il precetto della capanna con tutto il nostro corpo, consumando quattordici pasti all’ombra della protezione divina. Appena finito il digiuno passiamo da un precetto all’altro per costruire la capanna, legando così la gioia del Perdono a quella della libertà dal bisogno. Nel ciclo agricolo l’autunno è la festa del raccolto, motivo della gioia del nostro risultato, ma anche pericolosa occasione per insuperbirsi e rinchiudersi nel proprio ambito dimenticando la collettività.
Vediamo insieme i particolari di una capanna che rappresenta nei suoi dettagli l’Arca santa, per trasmettere all’uomo la sensazione che possiamo servirci della Natura solo per stabilire un equilibrio tra Sole ed ombra. Il tetto deve essere costruito esclusivamente con vegetali staccati dal terreno per dimostrare la sua temporaneità. Inoltre il tetto deve essere abbastanza folto da realizzare un’ombra maggiore della parte assolata, ma nello stesso tempo occorre che lasci vedere le stelle. L’uomo spesso rischia una sovraesposizione mediatica che gli fa dimenticare la capacità di cercare se stesso: l’ombra invece rappresenta un momento di ripiegamento, di riflessione, dal quale poi ripartire per alzare gli occhi al Cielo, cercare le stelle che indicano in alto la strada da seguire. “Abiterete nelle capanne sette giorni perché ho fatto abitare nelle capanne i figli di Israele quando gli ho fatti uscire dalla terra d’Egitto”. I Maestri affermano che la festa delle Capanne è stata fissata in autunno e non in primavera in prossimità della Pasqua per ricordarci che non costruiamo la capanna per godere l’ombra delle sue frasche per il nostro piacere, ma al contrario delle abitudini degli altri popoli, la costruiamo in autunno dimostrando la volontà di eseguire un precetto divino. La capanna è un simbolo di sicurezza nella protezione divina, paradossalmente proprio attraverso la sua fragilità.
Il libro biblico dell’Ecclesiaste accompagna la festa di Sukkot per ricordare come ogni elemento della natura umana sia temporaneo e destinato a lasciar posto ad altri con il volgere dei tempi. Nello stesso modo l’ Ecclesiaste conclude positivamente la riflessione pessimistica offrendo una via di uscita nell'adesione al precetto L’ospitalità è un sentimento ed un valore talmente radicato nel popolo ebraico da immaginare di avere ospiti fissi, uno per ciascuno giorno di festa da Abramo a David. Il ruolo di queste sette guide fedeli corrisponde ciascuno a qualità umane e sfere mistiche alle quali ispirare il comportamento individuale e collettivo. A Sukkot non solo il passato è il protagonista della festa, ma il simbolismo della capanna deve sollecitare l’uomo, e non solo l’ebreo, a volgere il pensiero, anzi ad identificarsi completamente per sette giorni con chi vive tutto l’anno senza la stabilità di una casa o di un lavoro. In questi giorni difficili per l’Europa offrire una riflessione anzi una testimonianza di sapersi confrontare sul tema dell’accoglienza e dell’ospitalità costituisce un prezioso spunto di confronto e di dialogo La dimensione universale viene evidenziata dal numero delle offerte corrispondente ai settanta popoli della terra per chiedere l’abbondanza derivata dalle piogge.
I temi recenti dell’Expo con molteplici proposte per nutrire il pianeta sembrano essere riassunte nella liturgia ebraica che benedice il Signore che fa soffiare il vento e fa scendere la pioggia come segno della Sua speciale benedizione per il genere umano e per la Terra di Israele. Un’altro precetto specifico di Sukkot è quello del Lulav: “prenderete per voi rami di palma, un frutto di bell’aspetto, rami di mirto e di salice “. Leggendo l’Hallel, i Salmi di lode, con in mano questo mazzo di vegetali, chiediamo al Signore di ascoltare le nostre suppliche ed inviare le giuste pioggie per far crescere piante e frutta. Ancora il ciclo della natura con il numero sette come i sette elementi del Lulav necessita di un intervento dell’uomo per elevarlo al sovrannaturale. Ogni punto cardinale viene benedetto dal movimento dell’uomo che intende abbracciare la realtà attraverso il precetto, sacralizzando lo spazio con un gesto umano per volgere a sé la volontà divina. Con la festa di Sukkot incontriamo nello stesso tempo Natura e collettività per proiettarci con l’unità del genere umano verso i giorni nei quali sapremo convivere in unica capanna nella quale sviluppare il benessere materiale nella gioia di un anno pieno di benedizioni.

DISCORSO PER ROSH HA SHANÀ DELLA PRESIDENTE LYDIA SCHAPIRER
Quello appena trascorso è stato decisamente un anno pieno di novità. A gennaio abbiamo accolto un nuovo Rabbino Capo, Rav Piperno, così come la nuova segretaria Claudia Campagnano, che ha preso il posto di Davide Tagliacozzo che per molti anni è stato il segretario di questa Comunità, ed a tutti loro vanno gli auguri per le loro nuove attività. Nel corso dell’anno si sono svolte varie ed importanti manifestazioni come i festeggiamenti per il nostro 150enario, organizzati dal passato Consiglio, tappa di grande valore per una Comunità così piccola. Manifestazione per la quale ringrazio ancora una volta il Prof Lacerenza che ci ha aiutato a portarla a termine, insieme agli amici della Biblioteca Nazionale e dell’Archivio di Stato, e ringrazio tutti quanti si sono impegnati per la splendida riuscita della manifestazione. Con l’anno nuovo sarà pubblicato anche il catalogo relativo alla mostra. Una pubblicazione complessa che ha avuto in verità alcuni intoppi ma che a breve vi assicuriamo vedrà la luce. A giugno poi ci sono state poi le nuove elezioni, che hanno portato ad un rinnovo totale del Consiglio. Con sincerità vi dico non avevo pensato ad una mia elezione che però alla fine ho  accolto con gioia, ritenendola una nuova sfida. E ringrazio per la fiducia accordatami.
Il lavoro è veramente molto ma spero che con il nuovo anno il Consiglio sappia seguire le orme dei  passati Consigli e poter lavorare in un rinnovato spirito di armonia, per il bene di questa Comunità. Come tutti ormai sapete il nostro Maskil Valter Di Castro ha scelto di prendere un anno di aspettativa, una decisione per noi improvvisa che ha fatto trovare il Consiglio ed il Rabbino Capo nella condizione di prendere delle decisioni con molta rapidità. Come sapete gli accordi con il Rabbino Capo non contemplavano lo svolgimento delle funzioni, ed avendo lui un tempio anche a Roma, con poco preavviso non ha avuto la possibilità di liberarsi per noi.  Siamo certi che con Ariel Finzi oggi e con Eliasaf Schaer per le prossime festività ci troveremo più che bene, e li ringraziamo di cuore per aver accettato di essere con noi nel momento più importante dell’anno. Da parte nostra quello che possiamo fare è garantire loro la nostra partecipazione ed il minian. A nome del Consiglio posso già dire che abbiamo iniziato a lavorare ad una soluzione stabile fino al rientro del Maskil di Castro. Queste festività sono il momento della gioia e delle riflessioni, auguro a tutti noi di avere la capacità di innalzare sempre più i  valori fondanti dell’ebraismo. Che sia un anno ricco di vera amicizia e saggezza.
Shanà Tovà.

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