In riferimento all’incontro
che si terrà domenica 16 luglio 2017 tra Bova Marina e Bova, pubblico alcune
informazioni sulla storia ebraica nell’area grecanica o Bovesìa, che comprende
i comuni di Bova (capoluogo storico e culturale, anche antica sede episcopale, ultima
diocesi in Italia ad abbandonare il rito bizantino in favore di quello latino),
Bagaladi, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri (frazione Amendolea), Melito di
Porto Salvo (e la sua attuale frazione Pentedattilo), Palizzi, Roccaforte del
Greco, Roghudi, San Lorenzo, Staiti, a cui mi dicono vada aggiunta Lazzaro,
frazione del comune di Motta San Giovanni. Si tratta quindi di 11 comuni più
una frazione, e salvo quattro paesi, per tutti gli altri (segnalati in azzurro)
e anche Lazzaro hanno avuto nella loro storia presenze ebraiche più o meno
consistenti o durature, databili in vari momenti storici.
Comune
|
Superficie
(in km²) |
Popolazione
(novembre 2014) |
1. Bova
|
46
|
448
|
2.
Bagaladi
|
30
|
1.065
|
3. Bova Marina
|
29
|
4.190
|
4. Brancaleone
|
35
|
3.627
|
5. Condofuri (frazione Amendolea)
|
58
|
5.087
|
6. Melito di Porto Salvo
(frazione Pentedattilo)
|
35
|
11.444
|
7. Palizzi
|
52,26
|
2.339
|
8.
Roccaforte del Greco
|
54
|
497
|
9.
Roghudi
|
36
|
1.148
|
10. San Lorenzo
|
64
|
2.675
|
11.
Staiti
|
15
|
257
|
TOTALE
|
454,26
|
32.777
|
(Fonte: Wikipedia, voce Bovesia)
Salvo che per il comune
di Palizzi e per Lazzaro, le sintetiche informazioni qui riportate sono tratte dall’ormai ben
noto sito Italia judaica; cliccando il nome delle diverse località si giunge alla pagina del sito che
le riguarda
Bova: le prime notizie sono piuttosto tarde,
ma fanno intravedere una ebraicità più ampia e antica, anche se non sappiamo di
quanto.
“La
guerra che travolse la provincia a cavallo dei secoli XV-XVI sconvolse anche le
comunità ebraiche, e il percettore non riuscì a riscuotere i residui fiscali
degli anni 1497-1502 dovuti dagli ebrei di Bova e di località limitrofe. Nel
1503 la Iudeca locale constava di sei nuclei familiari, i cui contributi
fiscali di 9 ducati furono versati in data 23 agosto per mano di Antonio
Carnati. Nel 1508 constava ancora di sei fuochi, i cui contributi furono
versati all’erario in più rate nel corso dell’anno, anch’essi per mano di
esattori cristiani.
Nel 1511
gli ebrei residenti a Bova emigrarono in forza dell’editto di espulsione
generale emanato da Ferdinando il Cattolico, nuovo sovrano del Regno, e le
autorità locali ne chiesero la cancellazione dai ruoli fiscali.
Il
quartiere abitato dagli ebrei, o giudecca, si trovava a Bova accosto alle mura,
poco lontano dalla chiesa di San Costantino, nella zona servita dalla porta
Torre”.
Bova Marina: sede di un’antica e rilevante comunità
ebraica, celebre è la sua sinagoga, la più antica d’Occidente dopo quella di
Ostia Antica.
“Nel 1985
in contrada Deri, alla foce della fiumara S. Pasquale, i lavori per la
realizzazione di una variante della Statale 106 Jonica portarono alla luce i
resti di una sinagoga tardo-romana. L'edificio faceva parte di un insediamento
che venne impiantato agganciandolo ad una villa romana sorta probabilmente nel
II secolo d. C. Lo scavo ha permesso di distinguere tre diversi complessi di
ambienti. Il complesso centrale ha orientamento NW-SE e si articola in una
sequenza di due aule affiancate da tre vani rettangolari, ai quali si
aggiungono altri ambienti, forse di servizio. La pavimentazione musiva e la
presenza di una nicchia, destinata verosimilmente al Sefer Torah, indicano
nell'aula quadrata interna (m 7x6) l'ambiente centrale del complesso. Tra i
vari motivi decorativi del mosaico, spicca un candelabro a sette bracci eseguito
secondo i dettami biblici (Esodo 25,31-37). Esso è affiancato da altri simboli
giudaici: sul lato destro da un cedro e da un ramo di palma, sul sinistro dallo
shofar, uno strumento a fiato ricavato dal corno dell'ariete.
L'aula cultuale
comunicava con un vano, pavimentato in laterizi, che potrebbe essere
identificato con un cortile, o altro ambiente, destinato a scuola oppure ad
ospizio di viaggiatori e poveri. Nell'angolo Est della sinagoga è stato
ritrovato un dolio, utilizzato probabilmente come ripostiglio (genizah) per
paramenti e oggetti liturgici disusati. Al suo interno c’erano frammenti vitrei
e sette reggistoppino in piombo, che facevano certamente parte del lampadario
che illuminava la sinagoga, e un gancio per sospensione in bronzo. Nello scavo
sono stati trovate anche tre anse di anfore (tipo Keay LII) con bollo impresso
raffigurante la menorah. In un ambiente attiguo al complesso sinagogale è
venuto alla luce un altro dolio infossato nel terreno, al cui interno,
racchiuso in una brocchetta acroma, è stato rinvenuto un tesoretto di 3079
monete bronzee di piccolo valore riferibili per la maggior parte all'inizio del
V secolo d. C. Le monete rappresentano verosimilmente, come in casi analoghi,
il tesoretto della comunità messo insieme con le offerte dei fedeli. Gli scavi
hanno individuato anche due aree sepolcrali, appartenenti a due fasi successive
della vita dell’insediamento, che vide nella seconda fase anche una
ristrutturazione del complesso sinagogale. In una tomba della necropoli più antica
è stata rinvenuta una moneta dell’imperatore Arcadio (395-408 e.v.) consunta
dall’uso.
L'insediamento
viene dagli studiosi identificato con Scyle, un luogo di sosta e di servizio
sulla strada costiera che congiungeva Reggio con Crotone e Taranto. L'assenza
di un luogo cultuale cristiano coevo alla sinagoga fa pensare a una prevalente
popolazione e gestione giudaica della statio.
L'insediamento fu abbandonato negli anni a cavallo tra il VI e il VII secolo.
La causa è forse da individuarsi nei pericoli a cui erano ormai esposti, in
quel periodo di decadenza politica e di invasioni, i centri costieri minori,
che si spopolarono a favore degli insediamenti all'interno ed in altura”.
Brancaleone: come per Bova, le tracce ebraiche sono
scarse e tarde, ma indubbie, e anche qui si può prospettare una maggiore
floridità nel passato.
“Brancaleone
ospitava nel XV secolo un insediamento ebraico (iudeca), di cui il percettore
registrava nel 1502-3 un debito di 2 ducati, residuo delle tasse dell'anno
fiscale 1499-1500. Nel 1502-3 la comunità era composta di quattro fuochi con un
carico fiscale complessivo di 6 ducati. Nel 1508 la comunità si era ridotta a
un fuoco, tassato per 1 ducato, 2 tarì e 10 grani e di tale somma il percettore
registrò il versamento di 1 ducato eseguito il 30 dicembre 1507. La comunità
doveva ancora altri 3 tarì, residuo del donativo di 11 carlini imposto a
ciascun fuoco ebraico del Regno”.
Amendolea (oggi frazione del comune
di Condofuri): come altrove sono tarde le tracce ebraiche
documentate, ma un curioso episodio letterario contribuisce a farci intuire una
maggiore antichità e ampiezza della locale judeca.
“Nel 1508
gli ebrei di Amendolea dovevano alla Regia Corte la somma di tre tarì, che
furono esatti l’anno seguente. La somma era parte del donativo di 450 ducati
imposto dal Viceré alle comunità ebraiche di Calabria.
Il poeta
e letterato Coletta di Amendolea, nato nella prima metà del XV secolo dal
locale barone, fu autore, tra l’altro, di una ballata traboccante di sdegno per
una donna giudea ch’adora la Tora e di cui invoca la morte perché rifiutava le
sue profferte d’amore. La ballata del Coletta rappresenta forse l’esemplare più
significativo del topos della donna
giudea nella poesia napoletana di indirizzo popolareggiante del Quattrocento”.
Melito di Porto Salvo: solo un piccolo cenno relativo alla judeca
di Oppido Mamertina ci fa intuire una presenza ebraica, probabilmente molto
limitata, in quello che all’epoca non era che una piccola frazione, prima che
in tempi più recenti si invertissero i rapporti con Pentedattilo.
“Dalla risposta della
Camera della Sommaria ad un ricorso presentato dalla giudecca di Oppido
Mamertina conosciamo
i nomi dei nove nuclei ebraici che erano emigrati e il luogo del loro nuovo
domicilio: Davit Davicolo, Nisi Listar in Tropea, Mastro Manoele in Melito, Salamo Tingituri in Calimera, Rabi Mosè
Cassan, la herede di mastro Iosep in Terranova, Aroni de Mineo se fe’
christiano in Secilia, Mosè Rexit, Gavio Miseria è morto et la herede è in
Regio.”
Di un episodio “sospetto” di marranesimo nella frazione Annà ho parlato in un vecchio post del
blog.
Pentedattilo: più consistenti, anche se non sappiamo di
quanto, e non episodiche (valgono qui le osservazioni precedenti fatte per altri
paesi) sono le tracce in questo odierno borgo “fantasma”, di cui all’epoca
Melito era solo una piccola contrada.
“La iudeca di Pentedattilo è attestata esplicitamente
in un registro fiscale del 1503, anno in cui essa, costituita da 2 fuochi,
doveva 3 denari (somma che non era stato possibile riscuotere a causa delle
guerre), più un residuo mensurature salis di 2 grani. Da un documento del 1504
sappiamo, inoltre, i nomi di almeno due degli ebrei di P.: Galluzzo e Sabatino
(quest’ultimo, però, era morto nel 1501). Nel 1508 l’imposta da pagare sarebbe
di stata di 2 tarì e 10 grani, ma essa non fu esatta per la morte di uno dei
capofamiglia, mentre il residuo di un precedente donativo, ammontante a 1
denaro e 1 tarì, fu in parte corrisposto dal rimanente nucleo familiare. Un
ulteriore donativo di 1 denaro, 2 tarì e 10 grani fu, invece, pagato per intero”.
San Lorenzo: anche qui le documentazioni risalgono al
solo secolo XVI.
“Come
altre comunità della provincia, la comunità di San Lorenzo subì gravi perdite a
causa delle guerre che sconvolsero l’area agli inizi del XVI secolo, al punto
che il percettore non riuscì a recuperare i residui fiscali degli anni
1499-1501. Nel 1502-03 la comunità
risultava registrata per otto fuochi, ma solo due soddisfecero ai propri
obblighi fiscali, avendo gli altri sei lasciato la località, come annotò il
percettore.
Nel 1511
la Camera della Sommaria ordinò al tesoriere provinciale di assicurarsi della
partenza dei giudei che abitavano qui e che erano emigrati in forza della
prammatica di espulsione emanata da Ferdinando il Cattolico”.
San Lorenzo è anche citata in un episodio
particolare relativo a Fiumara (Fiumara di Muro, come si chiamava all’epoca).
“Nel 1451
abitava qui un Elia iudio di Gerace, proprietario di un gregge di oltre 500
pecore. Per avere il figlio sconfinato con esso nel territorio di San Lorenzo,
il Conte di Reggio gli sequestrò gli animali. Elia ottenne però dal Viceré di
Calabria l’ordine di dissequestro, avendo esposto che lo sconfinamento era avvenuto con il consenso del capitano ed in
compagnia di persone autorevoli di San
Lorenzo”.
Palizzi: abbiamo una piccola
notazione non riportata da Italia judaica, riferita dal professor Cesare
Colafemmina zl nel suo fondamentale The
Jews in Calabria, a pagina 521.
Nel documento del 1508,
lo stesso citato in riferimento a Brancaleone, si parla una volta di
“Judeca di Brancaleone” ed un’altra invece di “Judeca di Brancaleone e Palizzi”.
Possiamo quindi dedurre che anche a Palizzi vi fosse una presenza ebraica, per quanto presumibilmente
molto ridotta di numero.
Lazzaro, l’antica Leucopetra (attualmente frazione del
comune di Motta San Giovanni, che pure vide una più tarda comunità ebraica) mi è stata segnalata come parte della
Bovesìa. Di reperti ebraici a Lazzaro ho parlato in post precedenti, riporto
qui quanto detto in “Ebrei nella Calabria antica: dati archeologici”: All'incirca contemporanea della lapide di Reggio [IV sec.], è la lucerna rinvenuta poco lontano, in una necropoli di
Lazzaro (Motta San Giovanni), corrispondente all'antica Leucopetra, con la
raffigurazione della menorah, il candelabro a sette braccia, simbolo per eccellenza
della religione ebraica. Si tratta di un manufatto di provenienza africana, ed
è stata rinvenuta insieme ad altre analoghe, ma di impronta cristiana. Escluso
il riutilizzo per una sepoltura da parte dei cristiani, non resta che la
certezza di una pertinenza ad un defunto ebreo. Se poi questo sia segno della
presenza di una comunità o solo di singoli ebrei, non è dato saperlo, allo
stato delle cose; resta il fatto che non solo a Reggio, ma anche in centri
minori circostanti gli ebrei si trovassero in un'epoca così antica.
Di un altro reperto, di
probabile, anche se non certa, pertinenza ebraica, ho parlato in “Altre tracceantiche”,
post al quale rinvio, qui sintetizzo: Nel 1995, nel corso di scavi eseguiti
nella stessa zona in cui era stata trovata la lucerna con il disegno della
menorah, è stata rinvenuta una tegola, risalente al VI-VII secolo dC.,
fessurata verticalmente, con 12 righe in greco bizantino minuscolo… Non è certo
che questa iscrizione sia direttamente connessa ad una presenza ebraica (…), ma
certo è che mostra comunque una influenza della cultura e della religione
ebraiche piuttosto antiche; inoltre, il fatto che provenga dallo stesso luogo
in cui è stata trovata la lucerna con la menorah, rende più credibile la
presenza di una comunità ebraica ellenizzata, come in gran parte del bacino
mediterraneo.
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