La caratteristica di questa festa è il Seder che si celebra la sera, al suo inizio, quindi quest'anno la sera di venerdì 10 febbraio.
In questo Seder si mangiano svariati tipi di frutta (fino a 30!), tra cui almeno i più importanti, che sono i 7 frutti della terra d'Israele: grano, orzo, uva, fichi, melograni, olive e datteri.
Durante il Seder si bevono quattro calici di vino, in una varia mistura di vino bianco e rosso, cominciando da un calice di solo vino bianco e finendo con uno di solo vino rosso.
Quando, come quest'anno, Tu biShvat capita di Shabbat, il Seder segue il normale pasto di apertura dello Shabbat.
Dal sito della Comunità ebraica di Roma
Il 15 di Shevat è Rosh Hashanà Lailanot,
capodanno degli alberi. La ricorrenza viene celebrata in vari modi: si
mangiano frutti di varie specie, in particolare quelli per cui è lodata Erez Israel
(uva, fichi, melograno, olive e datteri), si piantono alberi in Erez
Israel; la sera si fa il Seder Tu Bishvat, nel corso del quale si
mangiano frutti e si leggono brani secondo un ordine prestabilito. Tu Bishvat è un giorno feriale, ma per sottolineare il carattere speciale della giornata, ci si astiene dal dire Tachannun.
Seder Tu Bishvat - Si
usano leggere brani tratti dalla Bibbia e dalla successiva letteratura
ebraica (Mishnà, Midrash, Zohar). Si recita una speciale “preghiera per
gli alberi perché diano dei buoni frutti” e si mangiano vari tipi di
frutta, prodotti vegetali e dolci recitando prima le benedizioni
specifiche.
Sul sito Torah.it
si può scaricare e stampare il seder di Tu biShvat
composto da rav Bahbout
si può scaricare e stampare il seder di Tu biShvat
composto da rav Bahbout
Tu BiShvat 5777 - 11 Febbraio 2017
Da ChabadRoma
Il Capodanno degli alberi
Tu BiShevàt, il quindici
del mese di Shevàt, è il "Capodanno degli Alberi". Il motivo
fondamentale per cui si festeggia il capodanno degli alberi è che molte delle
mitzvòt sono legate ad essi (e all'agricoltura in generale) e sono legate in
qualche modo all'età degli alberi. È necessaria quindi una data di apertura e
di chiusura dell' "anno degli alberi" per poterne definire l'età e
quindi le norme halachiche in riguardo (così come esiste "l'anno
scolastico, l'anno fiscale", ecc.).
A Tu Bishvàt si usa
mangiare frutta, in particolar modo i frutti delle sette speci con le quali è
stata benedetta la terra d'Israele. Questi sono il grano e l'orzo, l'uva, i
fichi, le melagrane, le olive e i datteri. In questo giorno si riflette sul
concetto “ki ha'adam etz hassadé” (Devarìm 20, 19), espressione che potrebbe
essere tradotta con "l’uomo è come l’albero del campo" e sulle
lezioni che possiamo trarne
La sua
perfezione si vede tramite il suo frutto, nel beneficiare gli altri, e
nell’aiutare a perpetuare la nostra grande eredità di nazione
|
Le
mitzvòt che abbiamo prodotto ieri, la tzedakà che abbiamo dato, i tefillìn
che abbiamo indossato, non ci esonerano dal ripeterle oggi
|
È
davvero necessario chiamarlo "capodanno" allorchè non riguarda
direttamente la specie umana
|
Mediante
le Sue creazioni vegetali, Hashèm (il Sig-re) ci impartisce una grande
lezione di umilità.
|
Le
radici sono il simbolo della stabilità, della buona educazione e di carattere
fermo. Il frutto rappresenta le sue azioni meritorie
|
Non
basta che abbia studiato la Torà una volta o che abbia praticato le mitzvòt
una volta: egli deve continuamente ricevere il nutrimento dalle sue radici
|
Sia
l’anima divina che quella animale contengono delle vasti riserve di
sentimento e profondità che possono rimanere per sempre celate se non
stimolate a venire all’aperto
|
Che
senso ha però consumare i frutti e dire l’apposita benedizione, nel giorno in
cui la natura rifiorisce, su cibi che non sono ancora cresciuti e maturati?
|
La
parola ebraica per natura, teva,
può essere letta, secondo i caratteri ebraici, anche tovea, che vuol dire affogare
|
Tu
BiShvat non è una festa comandata nella Torà scritta, come Pesach, Shavu’òt e
Succòt, per esempio. E non è nemmeno indicata nella Legge Orale, a differenza
di Chanukkà e di Purim
|
La fede
è sepolta sotto terra, nascosta anche da noi stessi
|
Perché
festeggiare gli alberi quando non crescono?
|
I
servitori di Adriano furono sorpresi dagli onori che venivano dati a questo
vecchio e povero ebreo
|
Con il
permesso del sultano disperato, riuscirono a far inalare qualche goccia nella
bocca del moribondo
|
Tu biShvat,
il “Capodanno degli alberi”
Una lezione di Rav Riccardo Di Segni, Rabbino
Capo di Roma.
Due spiegazioni preliminari
|
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Spiegazione
1:
Ricordiamo che Hillel e i suoi discepoli
dichiaravano Chamishá Assar Bi-Shevat un giorno semi-festivo e lo chiamano
Rosh Hashaná La-Ilanot (Capodanno degli Álberi), perché in Israele era in
questo giorno che terminavano le piogge annuali e quindi iniziava un nuovo
ciclo di crescita degli alberi
|
Spiegazione
2
Anticamente, la "decima" dei frutti colti
durante l'anno doveva essere portata come offerta al Tempio. Per effetto del
suo calcolo, il 15° giorno del mese di Shevat veniva stabilito come inizio
dell'anno fiscale. È da questo che deriva l'usanza della commemorazione del
Tu (15) (*) B'shevat come "Il
Capodanno degli alberi"
|
Nota
della Redazione LnR
(*)
Richiamiamo l'attenzione sulla costruzione ebraica del numero 15, ricavato
secondo il valore numerico posseduto dalle lettere. Esso dovrebbe essere
composto dalla lettera iod (valore numerico = 10) e dalla lettera he (valore
numerico = 5) che, insieme:
rappresentano l'abbreviazione del Nome, così com'è indicato nel
Tetragramma ; è per questo che, per
rispetto al Nome, il numero 15 viene composto da 9 + 6, e quindi teth e vav (tu). La lettura, da destra verso
sinistra.
|
I - L'origine di Tu Bishvat
Anche quest’anno, all’inizio dell’estate, dovremo,
nostro malgrado, fare la nostra dichiarazione dei redditi. E lo faremo
raccogliendo tutta la documentazione di quanto abbiamo guadagnato e speso
nell’anno precedente, dal 1 gennaio al 31 dicembre. Ciò che sta prima e dopo
queste date non conta. Conta solo l’anno fiscale, che comincia e finisce in
momenti precisi.
Per quanto possa sembrare strano, la ricorrenza del
Tu-bishvat, 15 del mese di Shevat, è strettamente legata al concetto di anno
fiscale. Anche nell’antica società ebraica si pagavano le tasse, e questo certo
non sorprende. Il calendario era diviso in cicli di sette anni, e in ogni anno
bisognava prelevare una “decima” sul prodotto agricolo. La “prima decima”
spettava ogni anno ai Leviti. Sul prodotto che rimaneva dopo il prelievo si
applica una seconda decima; nel primo, secondo, quarto e quinto anno questa
decima rimaneva al produttore, ma con l’obbligo di consumarla (direttamente o
nel suo equivalente valore economico) a Gerusalemme; nel terzo e sesto anno
veniva invece versata ai poveri. Si noti per inciso come l’entità di queste
tasse fosse molto più modesta di quelle che ci impone uno stato moderno.
Era quindi importante stabilire a quale anno
appartenesse un certo prodotto; se ad esempio era del secondo anno, rimaneva al
produttore con l’obbligo di portarlo a Gerusalemme, se era dell’anno dopo
doveva essere dato ai poveri. Ma come si faceva a valutare se un prodotto era
di un certo anno? E ancora: la Torà proibisce di mangiare i frutti prodotti nei
primi tre anni di vita di un albero (‘orlà): ma come si calcola l’età di un albero
e di un frutto? È necessario stabilire delle date di inizio dell’anno, che sono
strettamente legate al ciclo agricolo. Come capodanno per la frutta prodotta
dall’albero viene considerato il momento d’inizio della formazione di gemme,
dopo la pausa invernale. Ogni frutto che è nato (o che ha iniziato a maturare,
secondo alcune opinioni) prima della data stabilita come capodanno, appartiene
all’anno precedente, se è nato dopo è dell’anno in corso.
Nel clima della terra d’Israele il capodanno (fiscale)
degli alberi è strettamente legato al momento in cui la maggior parte delle
precipitazioni piovose (che avvengono quasi totalmente in autunno e in inverno)
sono passate. La Mishnà (la prima del trattato di Rosh haShanà) indica quali
sono i diversi capi d’anno del calendario ebraico e riferisce, a proposito
degli alberi, una divergenza tra la scuola di Shammai e quella di Hillel; i
primi fissano il capodanno al 1 di Shevat, i secondi al 15. La regola, come
sappiamo , segue l’opinione di Hillel, quindi si inizia il 15. Ma se si tratta
di una data legata al flusso delle piogge, è difficile capire i motivi del
dissenso tra le due scuole. Uno studio recente, basato sui dati attuali di
piovosità - che si presume non si discostino molto da quelli di duemila anni fa
-, spiega che in Eretz Israel esistono fasce climatiche molto differenti; in
tutta la pianura costiera le piogge maggiori terminano alla data fissata da
Shammai, mentre nelle colline della Giudea e a Gerusalemme in particolare la
data è spostata avanti di 15 giorni. Questo significa in pratica che noi
fissiamo il calendario fiscale degli alberi in base al clima di Gerusalemme.
Quando si parla di tasse e ancora di più quando si
pagano non si è molto allegri e in linea di principio non si capisce perché,
dopo tutto, Tu-bishvat sia diventata una piccola festa. Per questo ci sono
diverse spiegazioni. Intanto le tasse non si pagano a Tu-bishvat, ma a raccolto
avvenuto; quando si celebra un capodanno, quale che sia, si sta in allegria e
non si pensa che è l’inizio e la fine di un anno fiscale, piuttosto ci si
augura che il raccolto o il guadagno dell’anno che inizia sia migliore di
quello dell’anno precedente.
A parte questo, la storia della celebrazione del
Tu-bishvat mostra una certa evoluzione e indica che c’è voluto molto tempo
prima che si creassero modi speciali di ricordare e festeggiare questo giorno.
Come festa minore è sempre stato un giorno in cui il lavoro è permesso, ma sono
proibite alcune manifestazioni di tristezza, come le orazioni funebri o la lettura
del tachannun. Ma c’è voluto molto tempo per arrivare a forme di celebrazione
attiva, e in questo è stato determinante il contributo dei cabalisti di Safed,
nel XVI secolo. L’uso più semplice e antico, probabilmente risalente all’alto
medioevo, e ormai diffuso in tutto il mondo, è quello di mangiare in questo
giorno frutta di tipi diversi, in particolare i prodotti dell’albero per cui
nella Torà è celebrata la Terra d’Israele: uva, fichi, melograni, olive,
datteri; oltre a questi altri frutti menzionati nella Bibbia, come mandorle,
pistacchi, noci, tappuchim (che nella Bibbia non sono le mele, come si ritiene
comunemente e come oggi si indica nell’ebraico moderno, ma sono agrumi), e poi
ogni altro tipo di frutto dell’albero.
Un rito vero e proprio, risalente almeno agli inizi
del XVIII secolo è documentato per la prima volta nell’opera cabalistica
Chemdat Yamim, e consiste in una specie di Seder (o Tikkùn) in cui si alterna
il consumo di frutta diversa, in un ordine speciale, e di vino (bianco e rosso),
alla lettura e al commento di brani biblici, rabbinici e della letteratura
mistica. Questo rito, da tempo dimenticato in Italia, è stato reintrodotto di
recente da Rav Shalom Bahbout che ha anche curato la stampa del testo con
traduzione italiana e commenti: ne sono uscite già due edizioni, la prima nel
5746 (1986): Seder Tu Bishvat per il Capodanno degli alberi, la seconda
(edizioni Lamed) nel 5760 (2000); il nostro pubblico ha accolto con piacere
questa reintroduzione e ormai il Seder si fa in molte famiglie.
Altri modi di ricordare questo giorno sono cerimonie
di piantagione di alberi; sono iniziate in Eretz Israel nei primi decenni del
secolo scorso, come testimonianza di attaccamento alla terra e all’importanza
della ripresa della vita agricola, e della riforestazione in particolare. Forse
non è stato estraneo un influsso di cultura americana (arbor day), ma in ogni
caso hanno avuto la prevalenza nella società ebraica i valori positivi
specificamente interni, collegati al rapporto con Eretz Israel, la sua ricostruzione,
e l’importanza tradizionale degli alberi, specialmente quelli da frutta. Per
educare a questi valori si usa in molti luoghi anche fuori da Eretz Israel di
piantare simbolicamente un albero a Tu-bishvat.
II - I significati simbolici
Ricordando il Tu-bishvat vengono richiamate e
sottolineate alcune idee molto importanti nella coscienza ebraica.
Il rispetto della creazione e del Creatore: La natura
che ci circonda viene vista come un’opera buona e utile, da rispettare, da coltivare,
da mantenere e non distruggere; viene esaltata l’opera del Creatore, nei cui
confronti viene espressa la gratitudine per i doni molteplici e diversi che ci
elargisce.
Il rapporto speciale con la Terra d’Israele e della
sua capitale Gerusalemme: Il legame del nostro popolo con la sua terra non è
mai venuto meno, e per noi ha un significato sacro, anche dopo millenni di
distacco traumatico, ricordare quando piove e quando finisce di piovere in
quella terra, quando gli alberi fioriscono e quale frutta producono. Si
rivendica il diritto a quella terra anche mantenendo un rapporto speciale con
il suo ciclo agricolo e i suoi prodotti. Ed è una rivendicazione pacifica e
costruttiva, portatrice di bene ed esemplare per tutto il mondo. La tradizione
ci insegna che quella terra può fiorire solo nelle nostre mani, e di questo
siamo testimoni nella nostra epoca.
La solidarietà sociale: il ricordo delle antiche forme
di tassazione non è quello delle asprezze fiscali, ma quello di un sistema in
cui devono esistere compensi e ridistribuzione della ricchezza.
La riflessione sulla natura dell’uomo: l’uomo come
creatura è una specie di albero rovesciato (con le radici in alto). Questa
identità simbolica propone una riflessione sulle origini dell’uomo, sulla sua
dipendenza dall’alto nelle risorse naturali e spirituali, sulla sua
potenzialità produttiva di frutti buoni e utili, sulla sua forza e sulla sua
debolezza, sul suo destino.
La responsabilità: la storia dell’umanità in questo
mondo comincia dalla colpa di Adamo ed Eva, che mangiano un frutto proibito.
Mangiare ritualmente della frutta fa parte di un processo di presa di coscienza
di responsabilità e di riparazione.
Il rapporto con le realtà nascoste: la mistica ebraica
parla delle realtà a noi invisibili, che spesso paragona ad un albero, come
paragona le diverse forme di frutta (buccia commestibile o no, nucleo duro o
morbido ecc.) ai simboli dei mondi diversi. La “buccia” (qelippà) è anche
simbolo del male. Per questo i cabalisti propongono un percorso simbolico tra
le diverse specie di frutta e i colori del vino, suggerendo un viaggio tra i
mondi diversi, tra la Giustizia e la Misericordia, con l’intenzione di
contribuire a riparare (tikkùn) il mondo visibile dove viviamo. Sono messaggi e
insegnamenti che per essere compresi richiedono conoscenze e sensibilità
speciali, ma che non possono essere trascurati nella ricchezza di simboli che
questo giorno propone alla comunità ebraica.
III - Come ricordare Tu Bishvat
chi lo desidera cerchi il testo del Seder, reperibile
in libreria, e lo segua procurandosi tutti gli ingredienti necessari (vini e
frutta), o si unisca ad amici che già sono organizzati per farlo.
In ogni caso non si trascuri la tradizione di mangiare
frutta di specie diverse, almeno in un pasto della giornata. È importante
mangiare e benedire. Quando si mangia frutta, prima si recita la benedizione
borè perì ha’etz, (Creatore del frutto dell’albero) che in questo momento
assume un significato speciale. La benedizione si recita anche se si mangia
frutta durante il pasto, e si è già detto l’hamotzì. Dopo aver mangiato, se il
pasto comprendeva il pane, con la birkat hamazon si esce d’obbligo. Chi invece
ha mangiato solo frutta recita alla fine una benedizione speciale: ‘al ha’etz
we’al perì ha’etz ecc. per uva, fichi, melograno, olive datteri; borè nefashòt
per tutte le altre (i testi sono stampati nelle tefillot e nei comuni
birkhonim).
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