Gli ebrei, presenti da lungo tempo a Catanzaro, città che contribuirono per lungo tempo ad arricchire con la lavorazione (in particolare la tintura) e il commercio della seta, non mancavano comunque nel circondario.
In questo post comincerò ad occuparmi dell’area
gravitante sullo Jonio, che comprende sia località in cui la presenza ebraica è
documentata e fuori da ogni dubbio, sia altre località in cui invece le
attestazioni sono incerte, per lo più toponomastiche ed onomastiche, con tutte
le limitazioni che hanno questo tipo di fonti.
Dedicherò questa prima parte alle cinque località in cui la presenza è certa e documentata.
LOCALITÀ
CON PRESENZA EBRAICA CERTA E DOCUMENTATA
(indicate nella cartina con i numeri da 1 a 5)
Per queste località mi limito per
il momento a riportare quanto è detto nell’ottimo sito Italia Judaica; in seguito
cercherò di fare un approfondimento attingendo ad altre fonti (in particolare,
ovviamente, ai lavori del professore Cesare Colafemmina z.l.).
Sebbene storicamente
gravitante sul Crotonese, oggi, dopo la creazione della provincia di Crotone per
distacco da quella di Catanzaro, è rimasta in quest’ultima provincia
Belcastro è citata da Padre
Giovanni Fiore da Cropani nel suo “La Calabria illustrata, tra le località in
cui, dopo il 1200, giunsero gli ebrei provenienti da Corigliano
Sebbene, come si è detto, pure con tutti i limiti di credibilità dei padre Fiore, si possa
supporre che la loro permanenza sia stata più lunga, Italia Judaica riferisce notizie solo per
gli anni dal 1494 al 1502-3:
"Nel
1494 il conte di Belcastro, il milanese Giangiacomo Trivulzio, rivendicò la facoltà di
dirimere le cause dei giudei, mentre questi volevano servirsi di un proprio
commissario: la Camera della Sommaria accontentò il feudatario, ammonendolo
però di non cercare profitti indebiti (mangiarìe) e di non compiere espropriazioni
illecite.
Nel
1498 la Sommaria ordinò al tesoriere di Calabria di esigere in Belcastro, dove si era
trasferito da Nicastro, i contributi fiscali di Muscia de Midichi.
Come
altre comunità della Calabria meridionale, anche quella di Belcastro patì danni
per le guerre che sconvolsero l’area a cavallo dei secoli XV-XVI, al punto che
il percettore delle imposte non riuscì a recuperare i residui fiscali della III
indizione (1499-1500) e fu impedito con la forza ad esigere quelli della VI
indizione (1502-1503). A questa data i fuochi ebrei di Belcastro erano quattro.
Nel corso del XV secolo fu copiato qui il Commento di Levi b. Gershom (maestro Leone de Bagnols, 1288-1344) al Commento medio di Averroè alla Logica di Aristotele".
Nel cerchio rosso la possibile collocazione della Judeca di Belcastro.
Come a Santa Severina e, di seguito in questo post, a Simeri,
il quartiere ebraico è adiacente a quello greco, abitato da quella che ormai,
da maggioranza che era, è diventata una minoranza etnico-religiosa
Nel corso del XV secolo fu copiato qui il Commento di Levi b. Gershom (maestro Leone de Bagnols, 1288-1344) al Commento medio di Averroè alla Logica di Aristotele".
Nel cerchio rosso la possibile collocazione della Judeca di Belcastro.
Come a Santa Severina e, di seguito in questo post, a Simeri,
il quartiere ebraico è adiacente a quello greco, abitato da quella che ormai,
da maggioranza che era, è diventata una minoranza etnico-religiosa
Di Belcastro ho parlato anche in un precedente post, al quale rinvio, riportando alcune notizie circa la presenza di una sinagoga, la collocazione della Judeca e una notizia circa la presenza di ebrei già nel XIII secolo.
2. SIMERI
Attualmente si trova
diviso nei due comuni di Simeri Crichi (costituito da Simeri, il centro
storico, e da Crichi, attuale sede del Comune) e Soveria Simeri, e in più una sua
parte, insieme a territori già di Sellia, costituisce il comune di Sellia
Marina
L’unica documentazione
che abbiamo di ebrei a Simeri è quella di una ketubbah, un contratto
matrimoniale, che però fa supporre un’ampia presenza ebraica
Anche Simeri è citata da
Padre Giovanni Fiore da Cropani come località in cui, dopo il 1200, giunsero
gli ebrei provenienti da Corigliano
[Vi sono] i quartieri della Grecìa e
della Judeca.
[…]
Una
testimonianza notevole della presenza ebraica a S. è costituita dal contratto
(ketubbah) stipulato nel 1439 in occasione del matrimonio di Salomone di Davide
con Iaele di Salomone. Insieme al consueto elenco del corredo, esso riportava
l’impegno del padre dello sposo a concedere alla nuora, nel caso restasse
vedova, il libello del ripudio (chalizah) senza richiesta di denaro, mentre lo
sposo si impegnava ad abitare per cinque anni a S. A garanzia dei patti, fu
comminata una multa di 12 once, da assegnare metà alla comunità e metà alla
parte lesa. Furono testimoni Iacob di Ioseph, Ezechiel di Caleb, Nissim di
Iacob, Elias di Iacob, Iacob di Caim, Caim di Sciabbatai, Abraham di Caim,
Isaac di Salomone, Isaac di Moysis Cairi medico e chirurgo, Moysis di Davide,
fratello dello sposo e Navi di Matahia. L’atto fu steso dal notaio Ieshua di
Caim.
Mi pare ci sia una incongruenza: che interesse poteva avere la vedova ad ottenere il libello di ripudio dal marito ormai morto? Cercherò di chiarire la questione.
3. CATANZARO
Lunga e rilevante,
specialmente in rapporto all’industria della seta, fu la presenza ebraica a
Catanzaro, alla quale spero prima o poi di dedicare un apposito post
La
storia degli ebrei a C. si apre con la notizia di un gesto di gratitudine da
parte di un cristiano nei confronti di uno di loro: nell’agosto 1265, infatti,
un Lombardo Russos assegnò nel proprio testamento 8 once d’oro a favore del
giudeo Sabato per avergli procurato familiarità presso il concittadino Galterio
Francisco. Un salto di decenni ci porta a Barletta, dove Consolo di Abramo
Russi ebreo de Catanzaro si era recato per procurarsi spezie medicinali. Il 10
agosto 1332 egli acquistò da Bartolomeo speziale di Barletta, una certa
quantità di spezieria del valore di 3 once e 10 tarì, che si impegnò a pagare
entro la successiva festa di S. Martino, o oltre tale tempo quando gli fosse
stato richiesto dal creditore o dai suoi eredi.
Queste
scarsissime notizie ci permettono di intravedere appena una presenza, che
doveva invece essere abbastanza cospicua e incidente. L’8 maggio 1406 gli ebrei
locali godettero insieme ai cristiani di un indulto concesso da Ladislao
d’Angiò Durazzo a tutti gli abitanti di Catanzaro che Nicola Ruffo, marchese di
Crotone e loro conte, aveva costretto a ribellarsi al re.
Nel
1417 il capitano di ventura Antonuccio de Camponneschi, recuperò con ferocia a
favore di Giovanna II e di Nicola Ruffo, questa volta alleato della regina, la
città di Catanzaro che era stata infeudata dalla stessa Giovanna a Pietro Paolo
da Viterbo, che si era poi schierato contro di lei: i catanzaresi accettarono
la realtà, ma presentarono all’assenso del Camponeschi una serie di capitoli e
privilegi . Essi chiesero, tra l’altro, che tutti i cittadini e abitanti di C.,
sia cristiani sia giudei, vivessero franchi e sicuri sotto il dominio e la
protezione della regina Giovanna II d’Angiò, che gli stessi fossero per dieci
anni esentati da ogni colletta e sovvenzione verso la regina e, trascorsi i
dieci anni, non fossero costretti a pagare che tre collette di once 17 e 1/2 al
più, che fosse abolita la gabella del ferro e che tutti i fabbri cristiani e
giudei, e altri cittadini, potessero a loro volontà comprare e lavorare il
ferro e che i giudei fossero esentati dalla gabella della tintoria e dall’annua
prestazione della tassa della morthafa e non fossero costretti dagli ufficiali
della regina e dagli inquisitori ecclesiastici a portare il segno. Il
Camponeschi, in data 21 agosto 1417, approvò le richieste, confermate da
Giovanna II il 5 ottobre dello stesso anno.
Alle
varie guerre tra i rami degli Angioini, si aggiunsero intanto quelle con gli
aragonesi di Sicilia, il cui re Alfonso era stato adottato da Giovanna II come
erede e successore, ma in seguito ripudiato. Nel 1420-21 Alfonso tentò di
conquistare la regione, tentativo che rinnovò nel 1435: l’operazione riuscì
solo nel 1438 per mezzo del camerlengo del Regno, il catalano-siculo Antonio
Centelles. Conquistata Napoli nel 1442, Alfonso premiò i suoi fautori, e tra
questi il medico ebreo Salamon Nehama di C., che nel 1445 nominò suo familiare
con il diritto di godere di tutti gli onori, prerogative e privilegi di cui
erano insigniti tutti gli altri suoi domestici e familiari.
Vicolo della Judeca di Catanzaro
Da Truthseeker, blog di Roberto Scarfone
Vicolo della Judeca di Catanzaro
Da Truthseeker, blog di Roberto Scarfone
La
convivenza dei cristiani con i giudei era divenuta intanto a C. tanto profonda
e rispettosa che le due comunità avevano deciso di condividere i rispettivi
obblighi e privilegi, come se fossero una sola. Così,quando nel 1452 l'inquisitore
fra Nicola de Calvanico giunse nella città e pretese da ciascun giudeo un
contributo per finanziare la sua caccia agli eretici, l'università cristiana contribuì
alla raccolta della somma e lo stesso accadde quando il sovrano impose alla
giudecca il pagamento di 1 oncia ed in altre occasioni ancora. Sulla base di questi
precedenti, quando i cristiani decise di trasferire in città, in un nuovo
convento, le monache di S. Chiara e nella loro vecchia sede impiantare una
comunità di francescani, fu chiesto anche ai giudei di contribuire alle spese
per la realizzazione del progetto. I giudei rifiutarono, affermando che erano
pronti a partecipare alle spese dei cristiani in tutto quello che concerneva la
vita cittadina, ma non in materia di chiese e monasteri, non essendosi mai
udito che essi avessero contribuito in tali misteri tangenti alla fide
cristiana. Nessuno, aggiunsero, sia giudeo che cristiano, poteva essere forzato
a compiere simili gesti. I cristiani si sentirono defraudati da tale rifiuto e
ordinarono il sequestro, a titolo di anticipazione, di beni appartenenti ai
giudei per un importo di oltre 14 ducati. Gli ebrei, tramite i proti della
comunità, ricorsero al re e Alfonso d'Aragona ordinò un'inchiesta e incaricò il
vicerè di Calabria, Francesco di Siscar, di eseguirla. Il vicerè diede dapprima
ragione ai giudei, poi ai cristiani. Infine, nel 1453, demandò al capitano di
C. di esaminare a fondo la questione e di risolverla secondo giustizia, tenendo
comunque presente che mai i giudei erano stati tenuti a contribuire al culto
cristiano.
Qualche
mese dopo questa vertenza, Alfonso d'Aragona sottraeva gli ebrei alla
giurisdizione del vescovo locale e disponeva che il capitano regio della città
rendesse giustizia indistintamente a tutti i cittadini. Il vescovo continuò a
molestare e inquietare i giudei, provocando diverse ordinanze da parte del
sovrano: nel 1468, con Ferrante I, la Camera della Sommaria riaffermò che la
comunità di C. apparteneva alla Regia Camera, come le altre comunità del Regno.
In un intervento, assai energico, in data 9 marzo 1473, vennero poi date varie
e particolari disposizioni, tra cui quella che aboliva l'obbligo imposto ai
giudei di tenere i loro morti in casa durante la Settimana Santa in forza dei
canoni che vietavano loro di uscire in quei giorni. I giudei furono
riconoscenti agli Aragonesi per la loro benevolenza e, del resto, anche durante
le guerre scatenate contro Alfonso I e Ferrante I dal ribelle conte di
Catanzaro Antonio Centelles nel 1444-45 e nel 1458-1461, essi si erano
mantenuti devoti al re. Nel 1466, in occasione del matrimonio di Alfonso, duca
di Calabria, l’università di C. chiese che i giudei godessero di tutte le
esenzioni concesse alla città in ricompensa della loro fedeltà e per non aver
nulla risparmiato in pericoli, travagli e spese: gli ebrei locali, ovviamente,
godevano anche delle esenzioni riconosciute a tutte le comunità della regione,
come quella di non dovere contribuire a tasse straordinarie imposte per
necessità locali. Così nel 1490 su ricorso della comunità, la Camera della
Sommaria ordinò al tesoriere di Calabria, di non imporre ai giudei di quella
città il contributo straordinario di 3 carlini a fuoco da destinare al restauro
delle fortificazioni, essendo essi, insieme con le comunità di Crotone, Santa
Severina, Strongoli, Cirò, Rossano, Rende e altre ancora, esenti da tale contributo
per privilegio sovrano.
Particolare della Pianeta Borgia, paramento in seta
custodito presso il Museo diocesano di Squillace
(dal blog Utopie calabresi)
La
prosperità raggiunta nella seconda metà del XV secolo dalla città, specialmente
per lo sviluppo dell’arte della seta, era dovuta anche gli ebrei, che in
quest’arte erano maestri. Ne è prova l’invito che le autorità di Messina
rivolsero nel 1486 a mastro Chanoretto Geraldino, rinomato tessitore di panni
di seta, perché si trasferisse da C. a Messina con la sua famiglia per
introdurvi e sviluppare l’arte della seta. Per attrarlo, gli offrirono la
cittadinanza, speciali privilegi e l’esenzione delle tasse, comprese quelle
imposte dai proti all’interno della comunità ebraica. Charonetto accettò, la
città di Messina mantenne le promesse sui privilegi e le esenzioni (lo esentò
anche dal portare il contrassegno), gli diede una casa nel quartiere ebraico,
una bottega e un laboratorio in un luogo di sua scelta nella città e lo nominò
protomagistro e console a vita della corporazione dei setaioli e dei vellutieri.
Tra
i mestieri praticati dagli ebrei di C., compaiono la tintoria, il commercio di
panni, di pettini, di vino e il prestito su pegno, ma c’erano anche cultori di
halakhah, come quel Hayyim da C., la cui opinione in materia di kasherut fu
citata da un mercante ebreo di vino nel corso di una discussione che egli ebbe,
poco dopo il 1492, a Nicastro con un maestro, pare di origine bizantina. La
discussione verteva sulla purità rituale del vino prodotto dal mercante con uve
di un cristiano e poi conservato in botti sigillate presso un altro cristiano.
Lo
svolgersi abituale delle opere e dei giorni fu scosso nel 1495 dall’invasione
del regno da parte di Carlo VIII di Francia. La fama che lo precedeva di re
cristianissimo ostile ai giudei, provocò un po’ dappertutto assalti alle giudecche
con saccheggi e violenze alle persone. Diverse comunità non trovarono via
migliore per salvarsi che convertirsi al cattolicesimo. Questo accadde anche a
C. e la sinagoga, non più frequentata dai seguaci di Mosè, fu abbandonata. Ne
approfittarono i cristiani per trasformarla in chiesa parrocchiale e Alessandro
VI, con bolla datata 28 aprile 1495 e registrata il 29 dicembre 1497, approvò
il passaggio. La nuova chiesa, o piuttosto il suo reddito, che non eccedeva i
24 fiorini l’anno, fu unita alla mensa vescovile vita natural durante del
vescovo locale, Stefano de Gotifredis.
I
neoconvertiti, però, non guadagnarono molto in serenità facendosi cristiani.
Con la loro fede appresa in fretta si muovevano assai male tra le dottrine e i
riti cristiani, provocando diffidenza, sospetto, comportamenti vessatori da
parte di ufficiali e inquisitori. Essi ricorsero allora al re Federico II
d’Aragona, il quale il 19 ottobre 1496 scrisse al Cardinale d’Aragona, suo
luogotenente generale, perché eleggesse alcuni buoni cristiani e li desse per
lo spazio di due anni come amministratori ai cristiani novelli, affinché
insegnassero loro i modi e la disciplina. Trascorso tale termine, se i neofiti
avessero fatto qualcosa contro la fede, sarebbero stati puniti e castigati e,
quanto alle vessazioni inferte dagli ufficiali, i cristiani novelli ebbero
facoltà di vendere qualsiasi loro bene mobile o stabile e di porre il domicilio
in qualsiasi località del Regno, senza essere ostacolati da alcuno.
Il
1503 Ferdinando il Cattolico, sovrano di Spagna insieme ad Isabella di
Castiglia, divenne re di Napoli. In linea con la politica di epurazione messa
in atto nella penisola Iberica, il 22 novembre 1510 decretò l’espulsione dei
giudei e dei cristiani novelli dall’Italia meridionale. L’uscita dal Viceregno
doveva avvenire entro il mese di marzo 1511. Anche gli ebrei e molti neofiti di
C. presero la via dell’esilio, e di tutti l’università chiese la cancellazione
dai ruoli fiscali. In data 22 agosto 1511 la Camera della Sommaria ordinò al
tesoriere di Calabria Ultra di inviare diligenti informazioni sul numero ed i
nomi di tutti quelli che avevano lasciato la città in forza delle prammatiche
di espulsione. Non tutti i neofiti però partirono, perché parecchi riuscirono a
dimostrare di essere veri cristiani e non cripto-giudei. Ma un frate domenicano
che visitò la Calabria tra il 1654 e il 1659, rilevò che in Catanzaro rimangono
le reliquie di questa empietà, essendosi fatto in molte case ereditario
l’errore e precisò che i giudaizzanti di C. avevano sempre tenuto commercio e
traffico con i giudei di Salonicco, facendo vela con i pegni per la suddetta
città dai porti di Taranto e di Brindisi, quando si ritrovavano carichi di
debiti e falliti. Nel 1604 ben 32 persone si erano imbarcate per la Sicilia e
di qui erano andate a Salonicco, ordinario asilo della perfidia giudaica,
seguite sei anni dopo da altri con le mogli e i figli.
Il
quartiere in cui abitavano gli ebrei a C., la “giudecca”, era costituito dai
vicoli che scendono dall’attuale Corso Mazzini, già via Capuana, tra il Palazzo
Fazzari, la Discesa Jannone e la Discesa Piazza Nuova. Al suo interno sorgeva
la sinagoga, che nel 1495 fu convertita in chiesa parrocchiale dedicata a Santo
Stefano. Nel 1876, nel demolire una vetusta casa vicino l’attuale Palazzo
Fazzari, fu trovato un frammento di marmo con resti di scrittura ebraica: è
assai probabile che esso provenisse dal tempio sinagogale.
4. BORGIA
Nel
territorio di Borgia sorgeva l’antica città prima greca di Skylletion, poi la
romana Minervium e Colonia Minervia, che infine assunse il nome di Scolacium,
di cui oggi si scorgono gli imponenti resti del teatro e di altri monumenti,
fino all’epoca normanna, con la grande basilica. I numerosi resti archeologici
che vi sono stati rinvenuti si trovano nel museo collocato in questo parco
archeologico che ha il nome di Roccelletta del Vescovo di Squillace.
Delle
anforette vinarie con inciso il simbolo della menorah (probabilmente a
certificazione della kasherut del suo contenuto) ho già parlato in un
precedente post.
Durante
o subito dopo l’epoca normanna, probabilmente per l’impaludamento dell’area e
poi definitivamente per il timore delle scorrerie saracene, l’area fu
abbandonata e la residua popolazione si rifugiò nell’odierno centro di
Squillace.
5. SQUILLACE
L’odierna Squillace
nasce nel Medioevo, e fu anch’essa sede di un insediamento ebraico, che dovette
essere abbastanza notevole. Resta ancora oggi il toponimo Porta Giudea
La
prima notizia sugli ebrei a S. risale agli ultimi decenni del periodo angioino:
il 13 gennaio 1413 Mosé Chetibi di Palermo dichiarò di avere ricevuto 10 once
dalla comunità di S. per il riscatto dell’ebreo squillacese Mosè Abenzira, che
era stato catturato da Giovanni Buttuni al largo della costa di Palermo.
Nel
1456 –in epoca aragonese - l’esattore registrò il pagamento di 8 ducati, 1 tarì
e 10 grani da parte dei giudei di S. per il sale di settembre di quell’anno.
Nel 1486 l'università ottenne dal principe Federico d'Aragona che i propri
membri ebrei non portassero il segno distintivo (to Tau) e che potessero fruire
di tutti i privilegi concessi alla città. In seguito sorsero, però, alcuni
attriti per motivi fiscali: nel 1489, infatti, essa impose una gabella per
procurarsi il denaro con cui pagare le tasse e pretese che anche gli ebrei vi
si assoggettassero, ma questi si opposero e ottennero di raccogliere il denaro
della loro quota secondo modalità di loro scelta.
I giudei vinsero anche il ricorso, nel 1490, contro l’imposizione di un contributo straordinario per la riparazione delle fortificazioni e nel 1492 l’università chiese a sua volta che la giurisdizione ordinaria sugli ebrei fosse restituita ad un ufficiale locale. Ferrante I, a cui la richiesta era stata rivolta, rispose che avrebbe incaricato il magnifico Giulio de Scorciatis, giudice ordinario di tutti gli ebrei del Regno, di risolvere la questione.
I giudei vinsero anche il ricorso, nel 1490, contro l’imposizione di un contributo straordinario per la riparazione delle fortificazioni e nel 1492 l’università chiese a sua volta che la giurisdizione ordinaria sugli ebrei fosse restituita ad un ufficiale locale. Ferrante I, a cui la richiesta era stata rivolta, rispose che avrebbe incaricato il magnifico Giulio de Scorciatis, giudice ordinario di tutti gli ebrei del Regno, di risolvere la questione.
Non
mancavano, poi, problemi tra gli stessi ebrei: nel 1488 il giudeo Iacob de
Iuncto, che era debitore insolvente nei confronti del prestatore Leone di S.,
si vide rifiutare la cessione dei beni in cambio del debito e fu obbligato dal
Regio Consiglio a trasferirsi a S. e stare al servizio del creditore,
scomputando dal salario il debito e le spese, mentre il creditore avrebbe
fornito a Iacob gli alimenti. Allo stesso Leone la Camera della Sommaria fece
inoltre restituire nel 1492 da Marino Minerva, commissario sulle cause
usurarie, due tazze d’argento.
Sotto
il dominio spagnolo, che soppiantò nel 1503 quello aragonese, la comunità di S.
si ridusse a pochi elementi. Nel 1508 essa doveva partecipare con 1 ducato, 2
tarì e 10 grani al donativo di 450 ducati imposto dal Viceré agli ebrei di
Calabria ed il versamento fu effettuato il 2 agosto per mano di Benedicto
Dulcecto.
Nel
1510 gli ebrei e i neofiti del Viceregno dovettero espatriare su ordine di
Ferdinando il Cattolico, ma il neofita Ioan Baptista Cimino di S. si rifiutò,
però, di andare via, affermando di essersi convertito da vent’anni e di avere
preso per moglie una donna discendente da cristiani antichi. Il Consiglio
Collaterale ordinò di riconoscere al Cimino il diritto di restare se fosse
stato provato che il matrimonio era stato contratto dieci anni prima
dell’editto d’espulsione.
Lo
storico domenicano Giuseppe Lottelli (S. 1632 ca.-1702) registra ancora ai suoi
tempi il toponimo la Giudeca, portato da un vicolo della parte estrema della
città. In essa, egli scrive, abitavano i giudei, dediti a vari mestieri, in
particolare all’arte della seta. La loro espulsione impoverì la città.
Da nord a sud, abbiamo concluso con Squillace la panoramica sulle località dove certamente abitarono gli ebrei nel versante jonico del Catanzarese. Stranamente, la zona da Squillace fino a Stilo - Monasterace è una delle pochissime aree calabresi in cui non troviamo nessuna documentazione di presenze ebraiche, ma solo indizi, che vedremo in un prossimo post.
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