Da la Stampa, 27.4.2010
Dal giardino dei Finzi-Contini alla Corte suprema d'America
Guido Calabresi è stato il più giovane professore di legge negli Usa,
la madre era della famiglia resa celebre da Bassani
Gianna Pontecorboli, New York
La prima cosa che colpisce, quando lo si incontra, è la sua cordialità priva di qualsiasi affettazione. Eppure, nel firmamento del grande mondo legale americano, Guido Calabresi non ha certo bisogno di presentazioni. Ormai quasi ottantenne, è nato nel 1932, Calabresi è giudice della corte d’appello federale del secondo circuito, la più importante dopo quella di Washington e contemporaneamente è professore emerito alla facoltà di giurisprudenza di Yale, quella in cui tutti gli studenti di legge sognano di entrare. Per quasi dieci anni, dal 1985 al 1994, di quella stessa facoltà è stato il preside. E negli anni precedenti, quando era soltanto un professore, sui banchi delle sue classi sono passati i giudici della Corte Suprema Samuel Alito e Clarence Thomas e soprattutto l’ultima arrivata Sonia Sotomayor, nominata da Barack Obama.
«Guido», come lo chiamano affettuosamente i suoi allievi, non è però soltanto un rispettato giudice e un ammirato professore. Da quando ha sposato Ann Taylor, che discende da una delle famiglie che hanno fondato New Haven, è diventato membro di diritto della migliore società del New England. Ai suoi studenti, però ricorda spesso di essere anche «il nigeriano di allora», uno degli spaesati ebrei italiani che Mussolini ha involontariamente regalato all’America con l’emanazione delle leggi razziali e che, partendo dalla situazione di immigrati, hanno scalato tutti i gradini di una nuova carriera. in un mondo non sempre facile.
«In realtà noi siamo venuti per ragioni politiche», racconta adesso. «Mio padre era molto attivo nel gruppo di Giustizia e Libertà, lo avevano già bastonato e messo in prigione per qualche giorno nel 1923. Era molto amico dei Rosselli e di Salvemini e avrebbe voluto lasciare l’Italia già alla fine degli Anni 20, quando era ormai evidente che Mussolini non sarebbe caduto».
Le circostanze, poi, costringono il cardiologo Massimo Calabresi a rimandare la sua partenza fino a quando l’emanazione delle leggi razziali la rendono non più rinviabile. A Milano, il medico fa parte del gruppo di Cesa Bianchi ed è abbastanza affermato da essere chiamato al capezzale di Papa Ratti, Pio XI, subito prima della sua morte. «Ratti aveva scritto un’enciclica per denunciare le leggi razziali, ma morì prima che fosse pubblicata. Alcune persone sussurravano che era stato ammazzato per questo, ma mio padre diceva sempre che gli sarebbe piaciuto poter dire che era vero, ma non lo era», spiega Calabresi.
Negli Stati Uniti, Calabresi arriva a settembre del 1939, senza un soldo in tasca e con la sola garanzia di un contratto di sei mesi e pieno di limitazioni all’Università di Yale, che per di più non comincia fino a gennaio. Per sopravvivere in un alberghetto da dieci dollari al mese mentre il dottor Massimo si prepara agli esami per convalidare la sua laurea, la famiglia conta sui piccoli prestiti concessi dagli amici a cui viene dato, come garanzia, un assegno da 25 mila dollari che nessuno, in quel momento, ha modo di incassare. Dopo l’arrivo a Yale, a poco a poco, le cose cominciano a andare meglio, anche se le difficoltà non mancano. La casa è ben più semplice dell’appartamento settecentesco in cui la famiglia abitava in Italia, lo stipendio è modesto, al college di Yale non ci sono cattedre per i professori ebrei o cattolici. Il corpo insegnante diffida ancora di chi non è «wasp» (bianco, anglosassone e protestante). Nella zona, gli italiani sono in gran parte poverissimi lavoratori manuali, l’ambiente ebraico resta estraneo. «Nessuno nella mia famiglia era praticante da cent’anni, anche se c’era questa grande tradizione che risaliva ai tempi dei romani», spiega Calabresi.
La famiglia Calabresi, tuttavia, non si perde d’animo. Il dottor Massimo, che impiegherà anni per avere una cattedra, si laurea anche in Igiene, sua moglie, che è una Finzi-Contini, si laurea in letteratura comparata e diventerà alcuni anni dopo insegnante al Connecticut College for Women. Il piccolo Guido e suo fratello maggiore Paul sono studenti brillanti e ottengono una borsa di studio in una delle migliori scuole private di New Haven. Da allora, la sua carriera è stellare: una laurea a Yale, poi una borsa di studio a Oxford, la laurea in legge, ancora a Yale, un anno come assistente del giudice Hugo Black alla corte Suprema e poi, a soli 28 anni, il più giovane nella storia della giurisprudenza negli Stati Uniti, professore a tempo pieno. Ovviamente sempre nella prestigiosa università di New Haven. «È vero, noi ebrei italiani abbiamo fatto tutti bene» osserva ora Calabresi. «Avevamo perso qualcosa, visto che in Italia eravamo quasi tutti benestanti, e avevamo una grossa spinta a ricreare». «E poi - aggiunge - in quel momento le persone più aperte volevano mostrare di essere aperte nei confronti degli italiani. Ma era molto più facile farlo con chi era più simile a loro che non con gli altri italo-americani. Io ho ricevuto moltissima “affermative action”. Per questo dico sempre ai miei studenti di colore che ero il nigeriano di allora».
«Guido», come lo chiamano affettuosamente i suoi allievi, non è però soltanto un rispettato giudice e un ammirato professore. Da quando ha sposato Ann Taylor, che discende da una delle famiglie che hanno fondato New Haven, è diventato membro di diritto della migliore società del New England. Ai suoi studenti, però ricorda spesso di essere anche «il nigeriano di allora», uno degli spaesati ebrei italiani che Mussolini ha involontariamente regalato all’America con l’emanazione delle leggi razziali e che, partendo dalla situazione di immigrati, hanno scalato tutti i gradini di una nuova carriera. in un mondo non sempre facile.
«In realtà noi siamo venuti per ragioni politiche», racconta adesso. «Mio padre era molto attivo nel gruppo di Giustizia e Libertà, lo avevano già bastonato e messo in prigione per qualche giorno nel 1923. Era molto amico dei Rosselli e di Salvemini e avrebbe voluto lasciare l’Italia già alla fine degli Anni 20, quando era ormai evidente che Mussolini non sarebbe caduto».
Le circostanze, poi, costringono il cardiologo Massimo Calabresi a rimandare la sua partenza fino a quando l’emanazione delle leggi razziali la rendono non più rinviabile. A Milano, il medico fa parte del gruppo di Cesa Bianchi ed è abbastanza affermato da essere chiamato al capezzale di Papa Ratti, Pio XI, subito prima della sua morte. «Ratti aveva scritto un’enciclica per denunciare le leggi razziali, ma morì prima che fosse pubblicata. Alcune persone sussurravano che era stato ammazzato per questo, ma mio padre diceva sempre che gli sarebbe piaciuto poter dire che era vero, ma non lo era», spiega Calabresi.
Negli Stati Uniti, Calabresi arriva a settembre del 1939, senza un soldo in tasca e con la sola garanzia di un contratto di sei mesi e pieno di limitazioni all’Università di Yale, che per di più non comincia fino a gennaio. Per sopravvivere in un alberghetto da dieci dollari al mese mentre il dottor Massimo si prepara agli esami per convalidare la sua laurea, la famiglia conta sui piccoli prestiti concessi dagli amici a cui viene dato, come garanzia, un assegno da 25 mila dollari che nessuno, in quel momento, ha modo di incassare. Dopo l’arrivo a Yale, a poco a poco, le cose cominciano a andare meglio, anche se le difficoltà non mancano. La casa è ben più semplice dell’appartamento settecentesco in cui la famiglia abitava in Italia, lo stipendio è modesto, al college di Yale non ci sono cattedre per i professori ebrei o cattolici. Il corpo insegnante diffida ancora di chi non è «wasp» (bianco, anglosassone e protestante). Nella zona, gli italiani sono in gran parte poverissimi lavoratori manuali, l’ambiente ebraico resta estraneo. «Nessuno nella mia famiglia era praticante da cent’anni, anche se c’era questa grande tradizione che risaliva ai tempi dei romani», spiega Calabresi.
La famiglia Calabresi, tuttavia, non si perde d’animo. Il dottor Massimo, che impiegherà anni per avere una cattedra, si laurea anche in Igiene, sua moglie, che è una Finzi-Contini, si laurea in letteratura comparata e diventerà alcuni anni dopo insegnante al Connecticut College for Women. Il piccolo Guido e suo fratello maggiore Paul sono studenti brillanti e ottengono una borsa di studio in una delle migliori scuole private di New Haven. Da allora, la sua carriera è stellare: una laurea a Yale, poi una borsa di studio a Oxford, la laurea in legge, ancora a Yale, un anno come assistente del giudice Hugo Black alla corte Suprema e poi, a soli 28 anni, il più giovane nella storia della giurisprudenza negli Stati Uniti, professore a tempo pieno. Ovviamente sempre nella prestigiosa università di New Haven. «È vero, noi ebrei italiani abbiamo fatto tutti bene» osserva ora Calabresi. «Avevamo perso qualcosa, visto che in Italia eravamo quasi tutti benestanti, e avevamo una grossa spinta a ricreare». «E poi - aggiunge - in quel momento le persone più aperte volevano mostrare di essere aperte nei confronti degli italiani. Ma era molto più facile farlo con chi era più simile a loro che non con gli altri italo-americani. Io ho ricevuto moltissima “affermative action”. Per questo dico sempre ai miei studenti di colore che ero il nigeriano di allora».
Nessun commento:
Posta un commento