Come accennato nel testo del sito ufficiale dell’Ucei, città
capofila della Giornata sarà in Italia Palermo, di cui possiamo festeggiare la
rinascita come sede ebraica a quasi 450 anni dal Gerush (espulsione) dalla
Spagna dei sovrani antisemiti Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia,
nonché il recente dono fatto dall’arcivescovo cattolico di una chiesa
sconsacrata, dove rinascerà la sinagoga. Sempre dal sito della Giornata, leggiamo la storia di Palermo ebraica:
(Scala dell'antico mikveh, bagno rituale,
a palazzo Marchesi).
a palazzo Marchesi).
Dalle origini alla cacciata
La prima notizia certa di una presenza ebraica a Palermo risale al 598 e.v. e si rileva da una lettera di Papa Gregorio Magno, che impone alle autorità ecclesiastiche la restituzione di beni requisiti ad alcuni ebrei residenti in città o l’eventuale risarcimento del danno procurato.
La prima notizia certa di una presenza ebraica a Palermo risale al 598 e.v. e si rileva da una lettera di Papa Gregorio Magno, che impone alle autorità ecclesiastiche la restituzione di beni requisiti ad alcuni ebrei residenti in città o l’eventuale risarcimento del danno procurato.
Si può comunque ragionevolmente ipotizzare che sin dal III secolo vivessero
a Palermo gruppi di ebrei di lingua greca.
Durante la conquista della Sicilia, gli arabi favorirono l’immigrazione di
numerosi ebrei maghrebini. A partire dalla dominazione araba e nell’arco di
circa sei secoli fiorirono numerosi insediamenti in tutta l’isola (se ne
contano ben 51) e quello della città di Palermo fu il più importante.
Intorno all’anno Mille gli ebrei palermitani edificarono un loro sobborgo
l’Hârat ‘al Yahûd (il quartiere dei giudei) e in seguito chiamato Giudecca che,
costruito all’esterno della cinta muraria punico-romana, si sviluppò e fu
stabilmente abitato in prevalenza da ebrei sino al 1492. Vi si accedeva
attraverso una porta, detta Porta di Ferro o Porta Judaica.
La caduta, il 2 gennaio 1492, del Sultanato di Granada diede una forte
accelerazione al processo costitutivo di un regno unitario spagnolo. La
presenza nella penisola iberica di ebrei e mori fu percepita come un ostacolo
alla costruzione di un’identità ispanica. La soluzione del problema, scelta da
Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, fu l’espulsione di tutti gli
ebrei dal nascente regno di Spagna e dai suoi possedimenti.
L’editto fu firmato a Granada il 31 marzo 1492 ed ebbe tra i suoi obiettivi
l’acquisizione dei beni degli ebrei, allo scopo di ripianare le forti perdite
economiche determinate dalla lunga guerra con i mori. Il 31 maggio 1492 fu
trasmessa all’autorità viceregia di Palermo copia dell’editto d’espulsione
redatta esplicitamente per gli ebrei siciliani. Il decreto prevedeva, per gli
ebrei siciliani, l’espulsione dal regno entro tre mesi (18 settembre), pena la
morte dei contravventori.
(IERUSALEM
Antico graffito di Palazzo Steri,
sede dell'Inquisizione)
Antico graffito di Palazzo Steri,
sede dell'Inquisizione)
Allo scopo di sanare
tutte le pendenze, le comunità chiesero e ottennero tre rinvii. Allo scadere
dell’ultimo rinvio, il 12 gennaio 1493 ebbe definitivamente fine la lunga
permanenza degli ebrei in terra di Sicilia, durata per le comunità della
Sicilia orientale quindici secoli e per quelle della Sicilia occidentale dieci
secoli. Trascorsi cinque secoli dalla cacciata degli ebrei, anche il ricordo di
questa lunga presenza è stato cancellato dalla memoria storica dei siciliani. È
come se gli ebrei siciliani, di fatto, non fossero mai esistiti.
Gli ebrei residenti
nell’isola si sentivano soprattutto siciliani, radicati com’erano nella struttura
sociale da cui tanto avevano ricevuto, ma a cui tanto avevano anche dato, e
quindi ancora più doloroso fu il definitivo abbandono di quei luoghi,
considerati ormai propri.
Alcune decine di
migliaia di ebrei lasciarono la Sicilia, ma molti decisero di restare, proprio
perché nel più profondo si sentivano siciliani, la sorte degli uni e degli
altri, fu, in ogni caso, piena di grandi sofferenze e di pesanti lutti.
(Palazzo Steri: Targa che ricorda
i docenti ebrei cacciati dall'Università
a seguito delle leggi razziali fasciste del 1938)
i docenti ebrei cacciati dall'Università
a seguito delle leggi razziali fasciste del 1938)
Dall’unità d’Italia a oggi
Con l’unificazione nazionale del 1861, la già fragile struttura economica della città di Palermo sembrò avviarsi ad ulteriore e inarrestabile declino, ma dopo la tremenda crisi dei primi decenni, che portò alle repressioni affidate all’esercito, si giunse negli anni ottanta dell’‘800 ad un ripristino dell’ordine costituito e ad una relativa calma sociale. Ebbe così inizio il periodo più splendido dell’epopea dei Florio, che attrasse in città capitali e imprenditori stranieri. In questo contesto alcune famiglie ebraiche decisero di insediarsi a Palermo, inserendosi in attività di respiro internazionale come la produzione e l’esportazione degli agrumi, del sommacco, del vino Marsala, l’attività estrattiva dello zolfo.
Nel primo dopoguerra famiglie ebraiche provenienti dall’Italia
settentrionale si trasferirono a Palermo per motivi di lavoro. A queste
famiglie si aggiunsero dopo il 1933 ebrei in fuga dalla Germania e dai paesi
dell’Est europeo. Il combinato disposto del Regio Decreto 30 ottobre 1930 n.
1731, della Legge 24 settembre 1930 n. 1279 e della Legge 19 novembre 1931 n. 1561
istituì l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane e individuò Palermo quale
sede di una comunità metropolitana ebraica, ma tale struttura non fu mai
costituita.
Con la promulgazione delle leggi razziali, i quattro quotidiani
dell’isola (Giornale di Sicilia, L’Ora, La Sicilia del Popolo,
La Gazzetta del Sud) divennero i palcoscenici ideali su cui si cimentò
un folto stuolo d’intellettuali alla ricerca di facili vantaggi economici e di
carriera.
Il Generale Alexander, dopo l’ingresso delle truppe alleate a
Palermo, emanò la direttiva n. 7 del 21 luglio 1943 che abrogò le leggi
razziali. La Sicilia fu, dunque, il primo lembo d’Europa dove si cancellò la
grande infamia della discriminazione e questo mentre in Germania si affinavano
le tecniche per la soluzione finale. Nel 1943, dopo quasi 500 anni, Palermo
ospitò per un breve periodo la Sinagoga per i militari americani di religione
ebraica.
Nello stesso anno del Convegno iInternazionale “Italia Judaica
(Gli ebrei di Sicilia sino all’Espulsione del 1492)”, organizzato dal Ministero
per i beni culturali e ambientali e tenutosi a Palermo 15-19 giugno 1992 viene
fondato l’Istituto Siciliano Studi Ebraici, avente quale obiettivo il recupero
alla memoria al fine ridare voce all’ebraismo siciliano, ricollocandolo tra le
componenti essenziali dell’identità collettiva delle genti di Sicilia in
generale e quelle di Palermo in particolare.
Una
nuova sinagoga per Palermo
(Oratorio di Santa Maria del Sabato,futura sinagoga)
Il 12 gennaio 2017, in occasione della cerimonia commemorativa
dell’anniversario della partenza degli ultimi ebrei palermitani avvenuta nel
1493, l’Arcivescovo di Palermo Monsignore Corrado Lorefice ha ufficialmente
concesso in comodato d’uso all’Istituto Siciliano Studi Ebraici, su richiesta
della presidente Evelyne Aouate, l’Oratorio della Madonna del Sabato, che sorge
in una parte dell’area occupata un tempo dalla Meschita (la Sinagoga maggiore
della Giudecca palermitana). Nel corso della stessa cerimonia è stata data
notizia dell’avvenuta costituzione della Sezione di Palermo, dipendente dalla
Comunità Ebraica di Napoli. I locali saranno destinati quale centro culturale
dell’ISSE e di Sinagoga, in collaborazione con Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, Comunità di Napoli e Shavei Israel. Dopo ben 525 anni Palermo tornerà
ad avere la sua Sinagoga.
La chiave della futura sinagoga