http://www.bethshlomo.it/ferstoryit.htm
Con l'avvento al potere di Hitler e con l'inizio delle persecuzioni razziali, molti furono gli ebrei che fuggirono trovando un rifugio in Italia. Dal 23 ottobre 1941 il flusso di immigrazione aumentò moltissimo, perché da parte di Himmler venne dato l'ordine di arrestare tutti gli ebrei, e così quasi tutta l'Europa divenne una grande trappola. Il Ministero degli esteri diede il permesso a tutti gli ebrei che lo desiderassero di venire ad abitare in Italia, a patto che non avessero partecipato ad attività dei partiti antifascisti. Vennero istituiti comitati di assistenza per i poveri, mentre per i ricchi si crearono molte agevolazioni fiscali per facilitare il trasferimento dei soldi nelle banche italiane. Nel 1938 erano già presenti in Italia più di 4000 ebrei, in maggioranza tedeschi ed austriaci. Gli ebrei si stanziarono per la maggior parte nelle città di: Bolzano, Milano, Roma, Fiume e Genova. Agli ebrei che provenivano dagli altri paesi era concesso facilmente il permesso di soggiorno.
Col decreto del 7 settembre 1938 il Governo iniziò una politica antiebraica, stabilendo l'espulsione dai territori italiani degli ebrei con permesso di soggiorno rilasciato dopo il 1919. Nonostante il decreto ,il flusso si interuppe solo nel 1940, con l'entrata in guerra dell'Italia alleata della Germania. Il Ministero degli interni però capì di non poter estradare tutte queste persone, perché erano già state espulse dai loro paesi d'origine, ormai in guerra, e quindi furono internati in appositi luoghi che potevano essere o comuni di internamento o appositi campi di concentramento. Il Ministero, quindi, già dal 1939 diede incarico ad autorità periferiche circa i provvedimenti da adottare. Gli ebrei, anche se con permesso di soggiorno, erano considerati cittadini di paesi in guerra con l'Italia che arrecavano danno alla sicurezza del Paese.
I campi di concentramento vennero progettati nell'Italia meridionale, dove il Ministero aveva già rinchiuso in precedenza i membri dei partiti antifascisti. Alla fine di maggio del 1940 erano già pronti più di 4700 posti nei campi di concentramento. Fu dato l'incarico alla ditta Parini di Roma di fare dei preventivi per altri due campi di concentramento muniti di baracche in legno ed edifici in muratura per gli uffici di direzione. L'unico vero campo di concentramento, munito anche di cinta di filo spinato, fu costruito a Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza, in Calabria. Molti ebrei, una notte come tante altre, vennero prelevati dalle loro case e portati nelle carceri e alla richiesta di spiegazioni, nonostante avessero mostrato il loro permesso di soggiorno, furono loro negate, ed il giorno dopo furono portati in stazione, scortati da agenti di pubblica sicurezza e caricati su un treno diretto ad una ignota destinazione. Questa destinazione prese poi il nome di Ferramonti.
Nonostante l'apparenza di lager come quelli nazisti, il campo di Ferramonti si trasformò in una vera e propria cittadina munita di scuole, sinagoghe, biblioteca, asili, circoli culturali, filatelici, e addirittura un parlamento interno che aveva il compito di tenere i contatti con la direzione e far risolvere i problemi degli internati. Tra i compiti dei capi camerata c'era anche quello di distribuire i sussidi statali a tutta la baracca. Il parlamento era formato dai capi camerata eletti a votazioni e un capo dei capi che doveva parlare l'italiano per mantenere il contatto con la direzione. Proprio per la sua posizione all’estremo Meridione italiano il campo rappresentò la salvezza per molti ebrei che, ancora prima che giungesse l'ordine di sterminio, furono liberati dalle brigate inglesi sbarcate in Sicilia, il 14 settembre del 1943.
Il 20 giugno 1940 prese il comando del campo il comandante di pubblica sicurezza Paolo Salvatore. Su uno spiazzo polveroso, che al primo accenno di pioggia diventava un lago, sorgevano le baracche, costruite spesso con l'aiuto degli ebrei stessi che venivano assunti per mancanza di mano d'opera.
Le procedure che venivano sbrigate all'interno del campo subito dopo l'arrivo erano le seguenti: gli internati venivano sottoposti alle formalità burocratiche e subito dopo venivano loro assegnate le baracche. Veniva poi consegnata la dotazione prevista, cioè due cavalletti, un'asse ,un materasso, un guanciale, due coperte, due lenzuola ed un piccolo asciugamano. All'entrata del campo vi erano alcuni edifici in muratura in cui erano alloggiate le guardie, il direttore, la segreteria e la direzione. La guarnigione del campo era composta da un segretario, un dattilografo, due motociclisti con moto Guzzi 500 e un'autista con un'Alfa Romeo 1750. Per il controllo del perimetro era presente una milizia comandata dal capomanipolo Tallarico, con delle camicie nere reclutate dai paesi vicini. All'interno invece vi erano dieci agenti di sicurezza agli ordini del maresciallo Gaetano Marrari.
Vi era anche un'infermeria diretta dal dottor Rossi, che non aveva nessun titolo, ma dopo molte lamentele venne sostituito da medici internati che riuscirono a creare un vero pronto soccorso funzionante 24 ore su 24 con una farmacia fornita.
Il 10 luglio 1939 venne reso noto il regolamento del campo, che prevedeva tre appelli al giorno (divenuti poi uno ogni due giorni), il divieto di uscire dalle baracche prima delle 7 e dopo le 21, inoltre non si potevano leggere riviste politiche e non si potevano utilizzare apparecchi fotografici, anche se esistono alcune foto del campo. Il direttore adottò sempre un comportamento di massima tolleranza, pur nell'apparenza di pieno rispetto del regolamento, per non subire controlli accurati da parte del Ministero. Molto presto, a causa della zona malsana, alcuni internati morirono per scabbia e malaria e così nel cimitero comunale di Tarsia comparvero delle stelle di Davide. Venne aperta una mensa comunale, che tuttavia venne subito chiusa a causa del cibo pessimo, e venne costruita una cucina in ogni baracca.
Nel campo, dopo il decreto che obbligava tutti gli ebrei presenti in Italia ad essere rinchiusi in campi di concentramento, giunsero diversi ebrei provenienti da diversi stati, poiché non era mai stata cancellata la legge che permetteva l'immigrazione di chiunque lo desiderasse. Con l'arrivo di questi ebrei, come un gruppo di 400 ebrei chiamati bengasioti perché catturati in Africa (in verità provenivano da Budapest, e si erano trovati lì con l'intento di imbarcarsi per la Palestina, viaggio che non avvenne per la conquista dell'Africa da parte dell'Italia e l'arresto degli ebrei). Oltre a questo gruppo erano anche presenti ebrei di altri paesi come Germania, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, ecc. L'arrivo di tutti questi ebrei che non parlavano italiano e che avevano un modo di vivere diverso da quello degli ebrei già presenti in Italia da diversi anni, provocò diversi problemi all'organizzazione interna, che però riuscì a non modificarsi troppo.
A Ferramonti, vista la durata della permanenza, si iniziarono a fondare alcuni ritrovi come la biblioteca, che all'inizio disponeva di 68 libri, ma che grazie all'aiuto di Israel Kalk raggiunse la quota di qualche centinaio. Venivano inoltre inviati aiuti sotto forma di vestiti e giochi e fu finanziata la costruzione dei bagni. Si aprirono diversi corsi di lingue e perfino una scuola che seguiva il programma delle scuole pubbliche, modificato appositamente per gli studenti presenti nel campo e provenienti da diversi paesi.
Il campo poteva ospitare fino a 2000 persone, era una vera e propria città di baracche tutte bianche costruite in legno su un basamento di calcestruzzo con la pianta ad U. Sulle pareti lunghe potevano essere messi fino a 30 posti letto e il tratto trasversale avrebbe dovuto accogliere i servizi igienici. Il campo era stato edificato in una zona paludosa, che con le piogge si riempiva subito di pozze malsane in cui sovente stagnava la malaria, per questo gli ebrei credevano di essere stati rinchiusi in quei luoghi per facilitarne la morte, e spesso chiedevano il trasferimento in altri campi. Il campo costò sette milioni.
Oltre alla biblioteca e alla scuola fu costruito il Tempio, di 35 metri per 5, con 5 finestre sui lati lunghi, e con al centro vi era lo spazio per la tevà [il pulpito] e l'Aron Hakodesh [il mobile in cui sono custoditi i rotoli della Legge]; dal soffitto scendevano trenta candelabri in legno con due candele ciascuno. L'Aron aveva due tende, una bianca e una azzurra ,con al centro un Maghen David [Stella di David] di nastro dorato. Vi erano 400 posti a sedere su panche anch’esse in legno. Alla fine del secondo anno l'organizzazione di Ferramonti acquistava una nuova figura che era quella di giudice di pace, e nello stesso tempo si chiese una parte del cimitero di Tarsia per seppellire i morti ebrei. Il 24 marzo 1942 giunse al campo Riccardo Pacifici, rabbino capo di Genova. Al momento della visita erano presenti nel campo 1400 ebrei.
Alla fine del secondo anno venne sostituito il direttore del campo, e arrivò al posto di Salvatore Mario Fraticelli. Le cose all'interno non cambiarono molto poiché anche Fraticelli si dimostrò disponibile e premuroso; egli dovette solo limitare il rilascio dei permessi d'uscita, che prima era molto frequente.
Finalmente il 14 settembre 1943 giunse a Ferramonti un carro della brigata inglese a portare la fine della guerra e la libertà per gli internati. Molti internati andarono sulle colline adiacenti e molti altri, invece rimasero ancora nel campo, perché le loro città di origine erano ancora in piena guerra. Purtroppo, nonostante il campo di Ferramonti fosse stato liberato, in quelli stessi giorni nel Nord Italia iniziò una vera e propria repressione fisica degli ebrei presenti, spesso mandandoli nei lager nazisti.
Il campo venne preso dagli alleati e modificato in una base, molti internati si misero al servizio dell'esercito britannico. Il 10 ottobre si ebbe un grande momento di gioia quando arrivò un mezzo della Brigata Ebraica, che aveva come simbolo di riconoscimento un Maghen David. Il campo di Ferramonti fu di molto aiuto ai paesi intorno, perché all'interno vi erano molte persone di cultura e molti medici, che potevano aiutare tutti i malati dei paesi vicini.
La maggior parte degli ebrei che si salvarono dopo la guerra riuscì finalmente a partire per Israele, dopo un breve corso sull'utilizzo delle armi e sulla vita dei kibbutz.
Col decreto del 7 settembre 1938 il Governo iniziò una politica antiebraica, stabilendo l'espulsione dai territori italiani degli ebrei con permesso di soggiorno rilasciato dopo il 1919. Nonostante il decreto ,il flusso si interuppe solo nel 1940, con l'entrata in guerra dell'Italia alleata della Germania. Il Ministero degli interni però capì di non poter estradare tutte queste persone, perché erano già state espulse dai loro paesi d'origine, ormai in guerra, e quindi furono internati in appositi luoghi che potevano essere o comuni di internamento o appositi campi di concentramento. Il Ministero, quindi, già dal 1939 diede incarico ad autorità periferiche circa i provvedimenti da adottare. Gli ebrei, anche se con permesso di soggiorno, erano considerati cittadini di paesi in guerra con l'Italia che arrecavano danno alla sicurezza del Paese.
I campi di concentramento vennero progettati nell'Italia meridionale, dove il Ministero aveva già rinchiuso in precedenza i membri dei partiti antifascisti. Alla fine di maggio del 1940 erano già pronti più di 4700 posti nei campi di concentramento. Fu dato l'incarico alla ditta Parini di Roma di fare dei preventivi per altri due campi di concentramento muniti di baracche in legno ed edifici in muratura per gli uffici di direzione. L'unico vero campo di concentramento, munito anche di cinta di filo spinato, fu costruito a Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza, in Calabria. Molti ebrei, una notte come tante altre, vennero prelevati dalle loro case e portati nelle carceri e alla richiesta di spiegazioni, nonostante avessero mostrato il loro permesso di soggiorno, furono loro negate, ed il giorno dopo furono portati in stazione, scortati da agenti di pubblica sicurezza e caricati su un treno diretto ad una ignota destinazione. Questa destinazione prese poi il nome di Ferramonti.
Nonostante l'apparenza di lager come quelli nazisti, il campo di Ferramonti si trasformò in una vera e propria cittadina munita di scuole, sinagoghe, biblioteca, asili, circoli culturali, filatelici, e addirittura un parlamento interno che aveva il compito di tenere i contatti con la direzione e far risolvere i problemi degli internati. Tra i compiti dei capi camerata c'era anche quello di distribuire i sussidi statali a tutta la baracca. Il parlamento era formato dai capi camerata eletti a votazioni e un capo dei capi che doveva parlare l'italiano per mantenere il contatto con la direzione. Proprio per la sua posizione all’estremo Meridione italiano il campo rappresentò la salvezza per molti ebrei che, ancora prima che giungesse l'ordine di sterminio, furono liberati dalle brigate inglesi sbarcate in Sicilia, il 14 settembre del 1943.
Il 20 giugno 1940 prese il comando del campo il comandante di pubblica sicurezza Paolo Salvatore. Su uno spiazzo polveroso, che al primo accenno di pioggia diventava un lago, sorgevano le baracche, costruite spesso con l'aiuto degli ebrei stessi che venivano assunti per mancanza di mano d'opera.
Le procedure che venivano sbrigate all'interno del campo subito dopo l'arrivo erano le seguenti: gli internati venivano sottoposti alle formalità burocratiche e subito dopo venivano loro assegnate le baracche. Veniva poi consegnata la dotazione prevista, cioè due cavalletti, un'asse ,un materasso, un guanciale, due coperte, due lenzuola ed un piccolo asciugamano. All'entrata del campo vi erano alcuni edifici in muratura in cui erano alloggiate le guardie, il direttore, la segreteria e la direzione. La guarnigione del campo era composta da un segretario, un dattilografo, due motociclisti con moto Guzzi 500 e un'autista con un'Alfa Romeo 1750. Per il controllo del perimetro era presente una milizia comandata dal capomanipolo Tallarico, con delle camicie nere reclutate dai paesi vicini. All'interno invece vi erano dieci agenti di sicurezza agli ordini del maresciallo Gaetano Marrari.
Vi era anche un'infermeria diretta dal dottor Rossi, che non aveva nessun titolo, ma dopo molte lamentele venne sostituito da medici internati che riuscirono a creare un vero pronto soccorso funzionante 24 ore su 24 con una farmacia fornita.
Il 10 luglio 1939 venne reso noto il regolamento del campo, che prevedeva tre appelli al giorno (divenuti poi uno ogni due giorni), il divieto di uscire dalle baracche prima delle 7 e dopo le 21, inoltre non si potevano leggere riviste politiche e non si potevano utilizzare apparecchi fotografici, anche se esistono alcune foto del campo. Il direttore adottò sempre un comportamento di massima tolleranza, pur nell'apparenza di pieno rispetto del regolamento, per non subire controlli accurati da parte del Ministero. Molto presto, a causa della zona malsana, alcuni internati morirono per scabbia e malaria e così nel cimitero comunale di Tarsia comparvero delle stelle di Davide. Venne aperta una mensa comunale, che tuttavia venne subito chiusa a causa del cibo pessimo, e venne costruita una cucina in ogni baracca.
Nel campo, dopo il decreto che obbligava tutti gli ebrei presenti in Italia ad essere rinchiusi in campi di concentramento, giunsero diversi ebrei provenienti da diversi stati, poiché non era mai stata cancellata la legge che permetteva l'immigrazione di chiunque lo desiderasse. Con l'arrivo di questi ebrei, come un gruppo di 400 ebrei chiamati bengasioti perché catturati in Africa (in verità provenivano da Budapest, e si erano trovati lì con l'intento di imbarcarsi per la Palestina, viaggio che non avvenne per la conquista dell'Africa da parte dell'Italia e l'arresto degli ebrei). Oltre a questo gruppo erano anche presenti ebrei di altri paesi come Germania, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, ecc. L'arrivo di tutti questi ebrei che non parlavano italiano e che avevano un modo di vivere diverso da quello degli ebrei già presenti in Italia da diversi anni, provocò diversi problemi all'organizzazione interna, che però riuscì a non modificarsi troppo.
A Ferramonti, vista la durata della permanenza, si iniziarono a fondare alcuni ritrovi come la biblioteca, che all'inizio disponeva di 68 libri, ma che grazie all'aiuto di Israel Kalk raggiunse la quota di qualche centinaio. Venivano inoltre inviati aiuti sotto forma di vestiti e giochi e fu finanziata la costruzione dei bagni. Si aprirono diversi corsi di lingue e perfino una scuola che seguiva il programma delle scuole pubbliche, modificato appositamente per gli studenti presenti nel campo e provenienti da diversi paesi.
Il campo poteva ospitare fino a 2000 persone, era una vera e propria città di baracche tutte bianche costruite in legno su un basamento di calcestruzzo con la pianta ad U. Sulle pareti lunghe potevano essere messi fino a 30 posti letto e il tratto trasversale avrebbe dovuto accogliere i servizi igienici. Il campo era stato edificato in una zona paludosa, che con le piogge si riempiva subito di pozze malsane in cui sovente stagnava la malaria, per questo gli ebrei credevano di essere stati rinchiusi in quei luoghi per facilitarne la morte, e spesso chiedevano il trasferimento in altri campi. Il campo costò sette milioni.
Oltre alla biblioteca e alla scuola fu costruito il Tempio, di 35 metri per 5, con 5 finestre sui lati lunghi, e con al centro vi era lo spazio per la tevà [il pulpito] e l'Aron Hakodesh [il mobile in cui sono custoditi i rotoli della Legge]; dal soffitto scendevano trenta candelabri in legno con due candele ciascuno. L'Aron aveva due tende, una bianca e una azzurra ,con al centro un Maghen David [Stella di David] di nastro dorato. Vi erano 400 posti a sedere su panche anch’esse in legno. Alla fine del secondo anno l'organizzazione di Ferramonti acquistava una nuova figura che era quella di giudice di pace, e nello stesso tempo si chiese una parte del cimitero di Tarsia per seppellire i morti ebrei. Il 24 marzo 1942 giunse al campo Riccardo Pacifici, rabbino capo di Genova. Al momento della visita erano presenti nel campo 1400 ebrei.
Alla fine del secondo anno venne sostituito il direttore del campo, e arrivò al posto di Salvatore Mario Fraticelli. Le cose all'interno non cambiarono molto poiché anche Fraticelli si dimostrò disponibile e premuroso; egli dovette solo limitare il rilascio dei permessi d'uscita, che prima era molto frequente.
Finalmente il 14 settembre 1943 giunse a Ferramonti un carro della brigata inglese a portare la fine della guerra e la libertà per gli internati. Molti internati andarono sulle colline adiacenti e molti altri, invece rimasero ancora nel campo, perché le loro città di origine erano ancora in piena guerra. Purtroppo, nonostante il campo di Ferramonti fosse stato liberato, in quelli stessi giorni nel Nord Italia iniziò una vera e propria repressione fisica degli ebrei presenti, spesso mandandoli nei lager nazisti.
Il campo venne preso dagli alleati e modificato in una base, molti internati si misero al servizio dell'esercito britannico. Il 10 ottobre si ebbe un grande momento di gioia quando arrivò un mezzo della Brigata Ebraica, che aveva come simbolo di riconoscimento un Maghen David. Il campo di Ferramonti fu di molto aiuto ai paesi intorno, perché all'interno vi erano molte persone di cultura e molti medici, che potevano aiutare tutti i malati dei paesi vicini.
La maggior parte degli ebrei che si salvarono dopo la guerra riuscì finalmente a partire per Israele, dopo un breve corso sull'utilizzo delle armi e sulla vita dei kibbutz.
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