Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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giovedì 20 aprile 2017

Il quartiere ebraico di Ferrandina

Il quartiere ebraico di Ferrandina

Testo di Mario Eustazio
(al quale esprimo la mia gratitudine, chiedendogli scusa per il ritardo con il quale pubblico queste sue informazioni)

Quella che oggi si chiama Via Cesare Beccaria, meglio conosciuta come strada dell’orologio, un tempo era il quartiere ebraico ( strada della Judea) della città di Ferrandina. Il quartiere ebraico si trovava in una zona centrale vicina alla piazza del Largo che era il cuore della vita della città. La collocazione della Judea dava agli ebrei la possibilità di essere sempre presenti nella dinamica della vita economica di Ferrandina.
La storia degli ebrei di Ferrandina si lega alla storia della presenza ebraica in Basilicata. Questa storia può essere divisa in due periodi: il primo è quello che parte dal II secolo dopo Cristo fino ad arrivare agli Angioini, il secondo inizia con il periodo aragonese per finire con l’inizio del Viceregno spagnolo. Sul primo periodo, a differenza di comuni come Melfi e Venosa, non ci sono notizie importanti che riguardano la comunità ebraica di Ferrandina. Ci sono soltanto alcune testimonianze che riguardano l’ultimo periodo angioino. Quello che possiamo dire di questo periodo è che, come in tutto il Sud dell’Italia, la vita della comunità ebraiche sotto gli Angioini non fu semplice, per via di numerose repressioni e discriminazioni.
Con l’arrivo degli Aragonesi, il Regno di Napoli, in controtendenza con gli altri regni europei, divenne più tollerante nei confronti della popolazione ebraica. Il Sud Italia divenne un posto sicuro per i molti ebrei fuggiti da Germania, Francia, Portogallo.
Dal 1492 la Basilicata ospitò molte comunità ebraiche, come stava avvenendo anche con le comunità albanesi. In quasi tutti i centri abitati della Basilicata si crearono le Giudecche (quartiere abitato dagli ebrei). La maggior parte delle fonti dove si può studiare l’aspetto demografico della presenza ebraica a Ferrandina e in tutta la Basilicata si trovano nel fondo delle “Partium” (sono dei registri contabili), quasi tutti questi dati riguardano aspetti economici, liti per restituzioni di prestiti, ricorsi per la restituzione di tasse non dovute, controversie per le quote di contributi da versare.
Le attività economiche e sociali degli ebrei di Ferrandina riguardavano prevalentemente il commercio, l’artigianato e l’esercizio della medicina. Molti ebrei nel Sud Italia praticavano l’esercizio della medica, Re Ferrante I aveva assunto come suo medico personale e di famiglia il maestro ebreo Abraham de Balmes. Queste attività produttive vennero inserite nei registri delle tasse. Nel 1458, gli ebrei di Ferrandina e di tutta la Basilicata furono chiamati a partecipare ad una colletta per l’incoronazione di Ferrante I. Gli ebrei lucani parteciparono ad altre collette, come quella del 1480 per provvedere alle spese militari nella guerra d’Otranto contro i Turchi. Questo accanimento fiscale nei confronti degli ebrei ferrandinesi suscitò molte lamentele nella comunità ebraica locale. Proprio per via di queste lamentele, nel 1492 Ferrante I esentò gli ebrei dal pagamento di diverse tasse, tutto questo venne fatto anche per favorire l’integrazione degli ebrei nel Regno di Napoli, quindi in questo periodo fu favorito l’aumento della presenza ebraica a Ferrandina.
Federico d’Aragona, nel 1491 fece avviare dei lavori per la costruzione delle mura della città e l’ampliamento delle chiesa matrice, questo fu possibile anche grazie al contributo economico della comunità ebraica ferrandinese. Il contributo maggiore che diede la comunità ebraica di Ferrandina fu quello della costruzione delle case. Gli abitanti dei casali di Uggiano, invogliati e in molti casi costretti a lasciare le loro dimore, per favorire la crescita della città di Ferrandina, avevano bisogno dell’aiuto e della competenza degli ebrei.
Per tutte queste ragioni, gli ebrei di Ferrandina nel periodo aragonese aumentarono la loro influenza nella cittadina. Gli unici dati demografici certi che abbiamo sulla presenza ebraica della città sono del 1510, dove risulta che la comunità ebraica di Ferrandina era formata da sette nuclei familiari.
I rapporti tra comunità ebraica e la restante parte della popolazione ferrandinese erano molto pacifici. Infatti, mentre nel XV molte giudecche del Regno di Napoli scomparivano, per via di molte tensioni con gli ebrei, quelli di Ferrandina non subirono ripercussioni, questo perché godevano della protezione di Federico d’Aragona, che, in qualità di signore di Uggiano, aveva favorito il loro insediamento. Quando divenne Re di Napoli, tra le comunità ebraiche del regno si era riaccesa una speranza, ma con la fine di Federico d’Aragona e la caduta del Regno di Napoli (1505) seguita dall’avvento del Viceregno spagnolo, si determinò la fine della presenza ebraica al Sud Italia. Nel XVI secolo ci fu l’espulsione degli ebrei nel Regno di Napoli. Tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti dalle varie comunità locali, ma la loro presenza non era molto gradita a Carlo V, che nel 1541 emanò un nuovo bando che costrinse a tutti gli ebrei di uscire da regno entrò il 22 settembre di quell’anno.

Molte famiglie ebraiche di Ferrandina, che si erano convertite al cristianesimo, chiesero di poter restare nel Regno. Alcune famiglie di origini ebraica si stabilirono stabilmente nella città, a confermare questo è la presenza di cognomi di ebraica tra le famiglie ferrandinesi. Con la cacciata degli ebrei dal Sud Italia, terminò la presenza anche a Ferrandina di una minoranza che portò molti vantaggi alla città, dal punto di vista economico e culturale.

Informazioni sulla zona intorno a Ferrandina, tratte dal sito Italia Judaica.

Ferrandina, insieme a  Matera, il capoluogo, e Miglionico è uno dei centri del Materano ebraico (alla Basilicata ebraica ho accennato in un precedente post, Ebrei in Basilicata: generalità) gravitanti verso la Puglia;  un singolo ebreo è attestato anche a Montescaglioso (vedi di seguito Matera, nota [8]).

Posta nella bassa Valle del Basento, sulla sommità di un colle argilloso, è l’erede della greca Troilia, divenuta un importante centro romano e bizantino. Il nome di Troilia fu poi cambiato da Federico d’Aragona, che volle intitolarla al padre (Ferrante/Fernando), mentre ad attribuirle in titolo di civitas fu Ferdinando il Cattolico. Nel frattempo, però, l’insediamento antropico si era spostato nel XV secolo dal sito di Uggiano (l’antica acropoli di Troilia, Obelanon) alla posizione attuale.
Nel 1510 la popolazione era tassata per 409 fuochi cristiani e 7 ebraici e i contributi fiscali dei secondi dovevano essere riscossi separatamente da quelli dei primi[1].
La presenza ebraica ha lasciato traccia di sé per alcuni secoli nel toponimo “Giudea”. Dalla platea della chiesa matrice del 1680 sappiamo che la strada della Giudea, seu dell’orologio si trovava nella contrada della Piazza, centro delle attività artigianali e commerciali cittadine[2].

Bibliografia
Palestina, Carlo, Ferrandina, 5 voll., Venosa 1994.

Note
[1] Palestina, C., Ferrandina, IV, p. 36, doc. 12.
[2] Ibid., II, p. 88.

La presenza a Matera di tre iscrizioni ebraiche del IX secolo e.v. aveva fatto pensare che esse documentassero l'esistenza in quel tempo di una comunità ebraica nella città[1]. Uno studio più accurato delle lapidi ha ora mostrato che esse appartengono a Venosa, da dove furono trasportate a Matera negli ultimi decenni del '700[2].
Nei primi decenni del sec. XIV dimoravano in Matera alcuni cristiani novelli, probabilmente originari di Taranto. Il 25 aprile 1328 Nicola di Pietro, detto Bacchus, neofito abitante in Matera, contrasse matrimonio in Altamura, con Rosanova, anch'ella neofita, e gli fu promessa dalla madre e dal fratello della sposa la dote formata dal tradizionale corredo e da due once di denaro. Egli si obbligò alla restituzione del denaro nel caso uno dei due coniugi morisse prima che il matrimonio fosse consumato. Fideiussori furono il neofita Profeta, abitante anch'egli in Matera, e alcuni neofiti di Altamura. Nell'atto si dice che il negozio fu fatto  secondo l'uso e la consuetudine della città di Taranto[3].
Nel 1448 "Simone ebreo, Tristano e soci di Matera" furono condannati a una sanzione pecuniaria per pascolo abusivo di bovini nel territorio di Colonnella e di altre località dell'Abruzzo settentrionale[4].
Nella seconda metà del XV secolo è attesta a Matera una comunità ebraica, i cui membri erano attivi nel commercio del grano, la cui produzione caratterizza ancora oggi l'agro materano. Figura di spicco era  mastro David da Tricarico,  il quale nel 1482 acquistò per due once da Angelo di Leone di Cassano una fossa granaria sita in Matera, nel luogo detto "lo Lombardo", nei pressi della chiesa di San Lorenzo[5]. Contro le pretese della comunità di Lecce, egli ottenne nel 1483 di pagare i suoi contributi fiscali in Matera, dove abitava. Nel 1487 con i suoi figli era in lite per questioni di denaro e altro con gli ebrei baresi Leonetto Zizo, la moglie di questi e il loro nipote Garzone. Nel 1491, dopo il suo decesso, fu il figlio Azaria che, insieme con i fratelli, si oppose alla comunità di Lecce che aveva rinnovato le pretese di averli tra i suoi membri e contribuenti[6].
Un controversia sorse nel 1493 tra la comunità e le autorità locali e privati cittadini, che volevano modificare il regime con cui  si reggevano gli ebrei e che era regolato dai privilegi concessi dal re. La Camera della Sommaria accolse il suo ricorso e ordinò alle autorità di non innovare nulla e di osservare alla lettera il contenuto dei privilegi. L'anno seguente la Sonmmaria intervenne a favore di Samuele de Leone di Lecce, dal quale l'università pretendeva la consegna di 12 carri di grano[7].
Queste controversie non incrinarono i rapporti sostanzialmente buoni che correvano tra giudei e materani, come si vide quando giunsero a Matera i soldati di Carlo VIII di Francia venuto alla conquista del regno di Napoli. Un Troiano Pappacoda ed un francese s'impadronirono di 25 carri di grano appartenenti a giudei locali e ad altri, e ciò solleticò i soldati francesi e gli stessi commissari del nuovo sovrano a saccheggiare ed espellere tutti gli ebrei della città. Ma il consiglio cittadino si affrettò a denunciare al nuovo re sia il furto che la prava intenzione, affermando che se questa si fosse realizzata, sarebbe tornata a grave danno e pregiudizio dell'intera cittadinanza. Carlo VIII accolse la denuncia e in data 28 marzo 1495  comandò al suo luogotenente Gabriele de Albret di far restituire il grano, o il suo giusto prezzo, e di garantire agli ebrei che abitavano nella città e nel suo distretto sicurezza  nei confronti di chiunque avesse osato molestarli[8].
La Numerazione ostiaria eseguita nel 1732 in vista del catasto tramanda il toponimo Il Ghetto del Seminario, localizzabile fra lo stradone del Seminario e san Nicola la Cupa, presso l’attuale via Bozzi[9]. Ma sia l’origine che il significato del toponimo sono andati perduti.
(Un ebreo di Matera è citato anche a Nola)

[1] Volpe, Esposizione di talune iscrizioni, pp. 3-5. 29-33; Ascoli, Iscrizioni inedite o mal note, pp. 79-81, nn. 34-36.
[2] Colafemmina, Tre iscrizioni inedite altomedievali a Matera, pp. 103-116.
[3] Pupillo, Un matrimonio tra neofiti ad Altamura, pp. 17-22. Ancora nel 1511 c'era in questa città un cristiano novello chiamato Baccho de Baccho. Cfr. Colafemmina, Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, p. 265, doc. 288.
[4] Berardi, Per la storia della presenza ebraica, pp,279-280.
[5] Pedio, Le pergamene di Matera, p. 389, n. 307.
[6] Colafemmina, Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 45-46, doc. 21; p. 62, doc. 40; p. 83, doc. 67.
[7] Ib. , pp. 117-118, doc. 113; pp. 171-172, doc. 181.
[8] Volpe, Esposizione di talune iscrizioni, pp. 17-20. Nel 1509 la popolazione della vicina Montescaglioso constava di 338 fuochi ordinari e di 38 fuochi di albanesi e di slavi. Tra questi era annoverato un  Radonza iudio: ASNa, Licterarum deductionum foculariorum 1, c. 31r-v.
[9] Cfr. R. Giura Longo e altri, in  Il Centro Storico di Matera, Matera  1973,pp. 12-13.

Il 15 marzo 1446  la Camera della Sommaria ordinò alle autorità di Principato Citra e di Basilicata di assistere Iacobo Serrano nel recuperare nelle due province i residui fiscali dovuti dai giudei e dalle concubine del clero. I residui fiscali dei giudei di Miglionico ammontavano a 15 tarì[1]. Anche nel 1459, in occasione della colletta imposta per l’incoronazione di Ferrante I d’Aragona (1458) e per la conferma di alcuni privilegi, i giudei di Miglionico erano un po’ in ritardo nel completare il versamento della loro quota[2]. Furono invece puntuali nel 1475 per il donativo disposto dagli ebrei per il matrimonio di Beatrice d’Aragona, figlia di Ferrante I, col re d’Ungheria. In questa occasione la comunità  versò, insieme con quelle di Tricarico, Senise, Montemurro e Tursi, 103 ducati, 2 tarì e 10 grana.[3]
Per l’età aragonese, degli ebrei di Miglionico sono noti il provenzale Gaudio de Elia, acquirente di panni a Bitonto nel 1447[4], e mastro David, incaricato dal re, insieme con Sabatino di Cosenza e Spina di Lecce, di distribuire tra le comunità giudaiche il carico della tassa straordinaria di 5000 ducati imposta nel 1468[5].
Nel 1510 i fuochi ebrei a Miglionico erano tre, su 414 fuochi cittadini, e i loro titolari  si chiamavano Moyses Tabo, Salvator Habuit, Magister Gabriel. Nel 1511 essi lasciarono la località in forza dell’espulsione decretata da Ferdinando il Cattolico. In data 2 marzo 1512 la Camera della Sommaria ordinò al commissario provinciale di sgravare l’università del loro carico fiscale, dopo essersi bene accertato della loro partenza[6].

[1] Bari, Biblioteca Provinciale «De Gemmis», Carte Beltrani 5/4/119.
[2] Ferorelli, Gli ebrei nell’Italia meridionale, p. 163.
[3] Colafemmina, Minoranze: gli Ebrei, pp. 74-76.
[4] Carabellese,  La Puglia nel secolo XV, I, p. 96.
[5] Colafemmina,  Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 28-29, doc. 4; Ferorelli, Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 164-165.
[6] Colafemmina, Minoranze: gli Ebrei, p. 74.

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