Come qualcuno dice, il tema di tutte le feste ebraiche è uno: i nostri nemici ci vogliono sterminare, HaShem ci salva e noi festeggiamo mangiando e bevendo!
Questo è particolarmente vero per Purim, la festa che ricorda il mancato sterminio degli ebrei ad opera di Aman, il malvagio ministro del re di Persia, di cui parla il libro di Ester.
Dopo aver digiunato (elemento anche questo caratteristico di quasi tutte le feste), si mangia (in particolare le dolci “orecchie di Aman”), si beve (è d’obbligo ubriacarsi fino a non distinguere “Sia maledetto Aman” da “Sia benedetto Mardochai”, in realtà non è così, come potete leggere qui), ci si maschera (Purim è conosciuto anche come il carnevale degli ebrei) e si fa “balagan” (soprattutto i bambini, che in sinagoga strillano e agitano i tricchetracche ogni volta che nella lettura della Megillah di Ester si sente il nome di Aman).
Nonostante questi aspetti festosi e “folkloristici”, Purim è una festa di profonda spiritualità, da alcuni dei chachamim considerata addirittura superiore a Yom Kippur, come potete leggere qui.
Promemoria per Purim (da Morasha.it)
Tutti gli adulti in buone condizioni fisiche hanno l'obbligo di fare il digiuno.
Il sabato precedente (il 3 marzo, quest’anno) è Shabbat zakhòr (il sabato del ricordo), così chiamato in quanto vi si legge il brano della Torà che richiede a ogni ebreo di ricordare ciò che fece il popolo di 'Amelek agli ebrei quando uscirono dall'Egitto. Si adempie a questa mitzwà del ricordo soltanto se si ascolta in pubblico la lettura del brano "Zakhòr" dal Sefer Torà.
Quattro sono le norme fondamentali che ognuno è tenuto ad osservare di Purim (mercoledì sera 7 marzo - giovedì 8 marzo):
Leggere o ascoltare la lettura del libro di Ester dal rotolo (meghillà)
Fare donazione ai bisognosi: vanno fatti doni ad almeno due persone.
Inviare cibi ad amici, parenti ecc. Si adempie alla mitzwà inviando almeno due cibi (dolci, bevande ecc.) a una persona.
Fare un banchetto.
A parte la lettura del libro di Ester che va fatta anche alla sera (sabato) le quattro norme suddette vanno fatte nel giorno di Purim (domenica prima del tramonto).
Nella preghiera delle 18 benedizioni ('amidà) e nella benedizione dopo il pasto (birkat-ha mazhon) si dice 'al ha-nissim (per i miracoli accaduti ai tempi di Mordechai e Ester).
I marrani, le feste ebraiche e il digiuno di Ester Donatella di Cesare, filosofa (da Moked.it)
Non sorprende che i conversos, per i loro grandi sensi di colpa, la loro afflizione e la loro mestizia, scorgessero in Ester, la “segreta”, capace di rivelare al momento opportuno l’identità a cui era rimasta fedele, il simbolo, splendido e potente, della loro esecrabile condizione. Il più grande poeta marrano João Pinto Delgado ha scritto questi versi nel suo Poema della regina Ester: “lo splendore che sprigiona la sua bellezza rischiara la notte e oscura il giorno”. Sta qui forse il senso dell’esperienza marrana: la vita è giocata nella negatività della notte, mentre il giorno dell’esistenza, nella storia ebraica, affonda fino a scomparire.
Sappiamo che la storia di Estèr simula il nascondersi Divino – “… e Io continuerò a nascondere i Miei volti …”, hastér ’astìr (Deut 31, 18). Ma per l’ebraismo l’assenza è sempre traccia memore della presenza. Il marranesimo trovò invece il suo apogeo nella sola assenza (a cominciare dall’assenza senza gioia del digiuno). Forse per questo suo doloroso dibattersi nel buio quasi privo di tracce fu condannato alla sterilità fin quando i cripto-ebrei non riemersero finalmente alla luce fuori dalla loro Sefarad.
Il giorno di Purim, il quattordici del mese di Adar, è in realtà il giorno successivo agli eventi narrati dalla Meghillà. E' il giorno che segue la battaglia, in cui 'si riposarono' - venoach bearbà asar bo. Così anche il giorno di Purim Shushan, il quindici, è il giorno in cui si riposarono a Susa, dove gli scontri continuarono anche il quattordici.
Il giorno stesso degli eventi, il tredici, è giornata dedicata al digiuno. Il digiuno di Ester. Questo digiuno è molto strano. Se mettiamo da parte il digiuno del Kippur che è stabilito dalla Torà, esistono nel calendario ebraico cinque digiuni di istituzione rabbinica. Quattro hanno a che fare con la distruzione del Tempio: il nove di Av, il digiuno di Ghedalià, quello del 17 di Tamuz ed il 10 di Tevet. Sono questi digiuni nei quali ci affliggiamo ancora oggi per la tragedia dell'esilio nel quale siamo ancora intrappolati. Digiuniamo per degli eventi negativi ancora presenti nella nostra vita.
Il digiuno di Ester non ha niente a che vedere con tutto ciò. La sua definizione halachica è taanit zecher letaanit. Un digiuno in memoria di un digiuno. Ossia un digiuno per ricordare. Per ripercorrere gli eventi ed in particolare l'impatto importantissimo della preghiera e del digiuno nel processo di redenzione.
Il digiuno di Ester è allora una parte integrante del processo che ogni anno noi affrontiamo a Purim, un processo di introspezione che ci porta nel Santo dei Santi della nostra anima specularmente a quanto avviene nei giorni di Rosh Hashanà e Kippur. E bisogna proprio pensare al Kippur - Kippurim -KePurim, al giorno che è come Purim, come abbiamo molte volte visto, per capire ciò.
Ester entra da Assuero a digiuno proprio come il Sommo Sacerdote entra nel Santissimo a digiuno.
Secondo Rabbenu Tam però il digiuno che ricordiamo non è quello dei tre giorni di Ester (che in realtà avvenne a Pesach) ma piuttosto il digiuno che fecero nel giorno della battaglia, così come fecero gli ebrei all'epoca di Moshè nella guerra contro Amalek - di cui si parlerà proprio il prossimo Shabbat.
L'idea è proprio quella che il digiuno accompagna sempre i momenti critici, anche quando il Testo non lo dice espressamente.
E' allora importante prima di dedicarci alla gioia e l'allegria di Purim fermarci in digiuno e contrizione per far sì che la nostra gioia sia poi esclusivamente gioia di mizvà.
Su Chabad.org
una guida completa a Purim
(ricette comprese!)
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1 commento:
complimenti e' tutto molto interessante, ignoravo praticamente tutto della ns. storia in calabria.
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